Chiuso per troppi anni a doppia mandata nella penombra dello spogliatoio, protetto dall’omertà del gruppo, l’ultimo tabù del calcio è (parzialmente) caduto. E neanche tanto. «Ho avuto una relazione con uno di questa Nazionale, e lui mi ha fatto il nome di chi è l’altro, per questo so che sono due». Al «coming out» ci ha pensato, al solito, Alessandro Cecchi Paone che non si fa pregare dopo aver sentito le parole di Cassano: «Prandelli certo che lo sa chi sono gli omosessuali, mica stiamo parlando di terroristi – continua – Io non lo dico perché solo perché non sarebbe legale. Ma posso dire chi sono i metrosexual dell’Italia: sono Giovinco, Montolivo e Abate. Guardate, che è un complimento perché significa che sono campioni di eleganza, delicatezza e attenzione alla cura della propria persona». Poi replica alle parole di Fantantonio: «I froci? Siano orgogliosi di dirlo e tranquillizzino Cassano. Cassano venga a pranzo con me che gli spiego che non c’è nessun danno ad avere un gay in squadra».
Sembra un reality, tre giocatori per un clamoroso coming out. Sia pure parziale. Cecchi Paone parla infatti di «metrosexual» che significa, stando alle intenzione del giornalista Mark Simpson che, nel 1994, ha coniato questo termine per l’inglese The Indipendent, «il desiderio maschile di essere desiderati: da tutti, soprattutto dagli altri uomini». Potrebbe essere, una volta per tutte, l’assalto finale all’ipocrisia del pallone. Non lo è ancora. Insomma un «maschio eterosessuale sempre in sintonia con l’ultima moda, con l’attenzione allo stile, lo shopping senza complessi e la cura del proprio corpo».
E così dopo il rugby australiano (Ian Roberts), il baseball americano (Billy Bean) e i tuffi (Greg Louganis), l’enclave più chiusa e barricata dell’omofobia, il calcio, lascia intravedere le prime crepe. «Metrosexual non significa essere gay», spiega ancora Cecchi Paone nel suo intervento alla Zanzara. La chiacchierata procede per enigmi. «Io so che comunque ci sono due gay che giocano con la maglia dell’Italia». Basta così. Chi è gay sa di esserlo e ha tutto il diritto di non aver voglia di raccontarlo.
Voci, molte. Fatti, pochi. Con un precedente. Al trionfale Mundial dell’82, il ct Bearzot decise il silenzio stampa dell’Italia per rispondere alle insinuazioni sul feeling, fuori dall’area, tra due azzurri, Paolo Rossi e Antonio Cabrini.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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