In mancanza di stadi nuovi, almeno rinnovate quelli che già ci sono. A Udine e Palermo potrebbero presto sparire le barriere, seguendo il modello inglese. « Entro la fine del prossimo campionato – ha annunciato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni –vogliamo togliere tutte le gabbie e recinzioni » .Obiettivo difficile, ma qualcosa si muove anche perché, dicono al Viminale, gli incidenti si sono drasticamente ridotti.«Gli stadi stanno tornando luoghi normali », ha spiegato Maroni, ma la sensazione reale è ben diversa. Secondo Giovanni Melillo, procuratore aggiunto a Napoli, coordinatore del primo pool nato per indagare sui reati da stadio, la camorra regola i rapporti tra i club organizzati in curva, mentre in tutta Italia sono in aumento le frange razziste e xenofobe.
UNO SOLO– Per lo spettatore italiano andare a una partita continua a essere un’esperienza mistica, fatta di ressa e confusione all’ingresso e di solitudine sugli spalti. Come per Bari- Cagliari, quando nel settore ospiti c’era un solo tifoso sardo. Su 440 mila posti disponibili in una giornata di campionato, ne vengono riempiti in media 239 mila, un terzo rispetto ai 750 mila che avrebbero sottoscritto la « tessera del tifoso » . La « card » lanciata ufficialmente per creare una sorta di anagrafe del tifoso ufficiale, libero di andare ovunque, in realtà si è rivelata più un’operazione per fidelizzare i tifosi con le banche, anche perché nonostante il «grande successo» vantato dal ministro, non si capisce perché vietare centinaia di trasferte alle tifoserie di tutta Italia e arrivare alla minaccia ( poi rientrata) di far giocare Bari-Lecce a porte chiuse. Salvo poi far arrivare dentro lo stadio di Genoa, per Italia- Serbia, centoventi ultrà slavi armati di tutto.
ALL’INGLESE– La realtà è che la sicurezza negli stadi dovrebbe toccare completamente alle società di calcio e in impianti accoglienti. Il modello inglese resta quello ideale. John Beattie è Stadium Manager dell’Arsenal, responsabile del servizio steward all’Emirates, dove si svolgono periodici incontri coi rappresentanti dei tifosi, compresi disabili e minoranze etniche. Poi si passa alla fase operativa, con gli steward:« Prepariamo ogni partita due giorni prima, con briefing e controlli a tappeto dentro lo stadio». Dall’anno dell’inaugurazione, il 2006, l’Emirates è sempre più frequentato da famiglie:« Siamo passati a cinquemila nuclei», è il commento soddisfatto di Beattie, il cui lavoro non finisce al fischio finale.« La maggior parte dei tifosi va a casa, ma molti restano per fare acquisti, perché l’Emirates rimane aperto ancora per due ore».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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