Quando parli con lui, e ti accorgi che non stacca mai gli occhi dai tuoi, ti accorgi subito della verità: Gokhan Inler è di un altro pianeta. Antidivo? Riduttivo. Lui è un leader nato. Un ragazzo cresciuto con pane, pallone e una educazione d’altri tempi. Uno che ha dedicato la vita a una missione: vincere. La dea lo ha baciato sulla pelata regalandogli il talento, e Gokhan ha fatto il resto: lavoro e sacrifici. Mente sana, corpo perfetto. Calci e cazzotti. Calcio e pugilato. La noble art: una passione che lo ha aiutato a migliorare riflessi e concentrazione.
IRON MIKE – Dunque, l’hobby del turco (svizzero) napoletano: guantoni, sacco e divisa custoditi gelosamente in casa. In uno spazio attrezzato dove darci dentro in perfetta, beata solitudine: perché sia chiaro, Inler non combatte, no, non potrebbe mica. Però si diletta e sogna. Come in un film. Pellicole mai viste, fotogrammi inediti, perché la vita è una galleria di scatti da conservare gelosamente. Da carezzare facendo finta di essere il grande Mike Tyson, quello della favola metropolitana del campione del mondo dei massimi venuto dalla miseria di una Brooklyn mitica, per certi versi. O magari James J. Braddock, il Cinderella Man che Russell Crowe ha interpretato al cinema strappando lacrime vere. No, d’accordo, preferisce il grande Iron Mike. Musulmano come lui. Quello che ieri incantava gli appassionati. E oggi, invece, occhi su Vitali Klitschko, campione del mondo dei massimi Wbc.
LA PALESTRA – Gokhan è un vero competente. E sia a Zurigo, sia a Udine s’era attrezzato a dovere in casa: sacco piazzato in una stanza con tanto di specchi, e via ad alternare destro e sinistro. Jab- jab- diretto come una cantilena. Salta, danza, colpisci. Il gancio e la corda. Scene che si ripeteranno anche a Napoli al più presto.
IL MANAGER – Quando è arrivato, tra l’altro, il suo manager, Dino Lamberti, gli ha spiegato che la città vanta un ex campione del mondo, Patrizio Oliva, e che la squadra azzurra si allena in uno degli ombelichi del mondo del pugilato: la provincia di Caserta. Lui, che ha le origini piantate a Cava de’ Tirreni, conosce bene il sapore della noble art. Suo padre Giuseppe e suo nonno Bernardino, un tempo sindaco di Cava, gliel’hanno spiegato anni fa. E Lamberti lo ha tramandato a Inler. Che ha sorriso felice.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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