Benedette le interviste del dopo partita a bordo campo, ci sarebbe da pensare. Quell’incombenza da contratto ha permesso a Cesare Prandelli di ritardare l’uscita dal Franchi, col terreno ormai vuoto, ma la gente ancora pazientemente in attesa per poter salutare il suo Cesare, generale bravo, fortunato e ancora amatissimo, al di là del bilancino delle presenze (circa 25 mila un anno fa, 18 mila ieri).
E lui ha rallentato il passo, ha allargato le braccia ed è andato incontro alla sua gente («Inutile: nessuno riuscirà mai a rompere il legame tra me e Firenze») e solo dopo al suo destino: quello di ct azzurro in rampa di lancio. Si è compiuto il suo primo sogno: qualificarsi aritmeticamente nel suo stadio.
CHE NOTTE! –Il ct si trattiene a fatica:
«Sì, è stata una forte emozione, raggiungere la qualificazione al Franchi è qualcosa di speciale. Se pensiamo come siamo partiti, poco più di un anno fa, bisogna dire che abbiamo fatto grandi passi. Sono orgoglioso. Detto questo, bisogna migliorare ancora tanto. Ma al di là delle situazioni di gioco, mi tengo stretto il carattere dei giocatori che hanno cercato la vittoria fino alla fine» .
Lui per primo, va detto. Buttare dentro nel finale Pazzini e Balotelli è sembrato un azzardo. E in effetti anche Prandelli lo ammette, a risultato acquisito:
«Il rischio c’è sempre, ma il punto non mi serviva, non mi bastava. E dunque, sì ho rischiato. Però avevo buone sensazioni. Ho cambiato, ho messo tre punte perché avevo visto che c’era equilibrio in mezzo, la squadra spingeva bene sugli esterni; e paradossalmente abbiamo avuto meno occasioni, rispetto a quando avevamo davanti solo Cassano e Rossi» .
CHE MARIO! –E’ stata davvero una settimana che il ct ha gestito in modo perfetto, a giudicare dai risultati. Tutto è ruotato intorno a Balotelli, messo davanti alle proprie responsabilità. L’ultimo momento di tensione è stato ieri mattina, quando a Coverciano è arrivata la convocazione dei magistrati napoletani per Mario. Il giocatore ha parlato con gli inquirenti arrivati a Firenze, spiegando già la sua versione dei fatti sulla storia di Scampia, ha aderito poi all’invito a comparire davanti ai magistrati a Napoli il 15 settembre. Poi ha parlato nuovamente con Prandelli:
«Mi è sembrato tranquillo, per questo non ho cambiato piani e l’ho portato in panchina. Mario deve pensare solo a giocare al calcio come sa. Se saprà mantenere questa concentrazione, andrà tutto bene. Io credo proprio che la giornata di lunedì, quella visita al carcere di Sollicciano sia stata importante. Se fai le cose con generosità vieni ripagato».
LA TRIBUNA BIS DI GILA –L’unica nota dissonante della serata è stata la faccia di Gilardino, nuovamente mandato in tribuna, dopo Torshavn. Prandelli spiega:
«Mario e Pazzini mi sono sembrati più sereni. Gila lo conosco benissimo, è un ragazzo eccezionale. Credo però che in questo momento stia pagando una sua situazione particolare»
I numeri sono tutti dalla sua: record di punti qualificazione della storia azzurra (22 in 8 partite), record di imbattibilità a 19′, miglior difesa europea. Sul piano del gioco però queste due ultime partite sono state un passo indietro rispetto alla prima parte del 2011. Prandelli spiega:
«L’ho detto, bisogna lavorare. La scommessa da vincere è quella del gioco, ma non sempre trovi i tempi giusti, quando gli avversari che si difendono con ordine. La strada è questa. Una squadra senza un’idea di gioco non serve, soprattutto una Nazionale, che lavora poco insieme».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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