E poi perché si sarebbe dovuto giocare, e magari festeggiare un gol o persino disperarsi per un’occasione sciupata? «E’ stato giusto fermare il calcio» . I motori del volo diretto Napoli-Brindisi hanno smesso di rullare e la vita, ora, è un lutto collettivo che stronca i sorrisi e induce a lasciare il calcio, una partita, nel sottoscala dei propri pensieri di chiunque e pure di Walter Mazzarri, ch’è una maschera inespressiva e magari starà cercando i suoi perché, lui che è toscano; lui che è livornese; lui che è di San Vincenzo; lui che ha allenato nel “vecchio” carissimo Ardenza e ci ha vinto pure un campionato; lui che avverte, pardon condivide i sentimenti della sua gente; lui che è un genitore, lui che appartiene a quella grande famiglia del calcio ora provata dalla scomparsa di Morosini: «E’ una tragedia che ci ha scossi tutti quanti. Non avrebbe avuto alcun senso giocare ed è stata scelta appropriata quella di sospendere tutta l’attività per onorare la memoria d’un ragazzo che ha onorato il calcio» .
IL DOLORE – Tutto ciò che prima sembra l’evento diviene giustamente un orpello esistenziale, un vacuo esercizio dialettico, un bla-bla-bla sul quale spargere il silenziatore: Lecce-Napoli è un concentrato di buone intenzioni fondate su paroloni come “reazione”, “carattere” e pure “cuore” che gonfiano l’aria; e poi, alle cinque della sera, si accartocciano gli appunti e si lancia la pallina di carta nel cestino. «In questi casi, cosa si può ancora dire?» . Il Mazzarri pomeridiano, quando le valigie sono ancora da riempire e il campo occupa ancora qualsiasi preoccupazione, è un uomo alla ricerca di verità (agonistiche) che scavalcano il recinto di gioco e si spingono nella psicologia per spiegare la “sua” Napoli d’incanto sfiorita, persasi tra i fili d’erba di Stamford Bridge e lì rimasta psicologicamente o chi può dirlo, perché intanto, a valanga, un pareggio a Udine e un altro con il Catania, prima delle tre sconfitte consecutive, della visita di De Laurentiis per allungare una mano, regalare una parola: «Dal punto di vista morale, la presenza di De Laurentiis al nostro fianco ha avuto un suo peso specifico: ha dimostrato la presenza della società, attraverso la sua figura principale, ed è servita per rasserenare i ragazzi. Abbiamo attraversato momenti sereni, anzi felici, che hanno offerto grandi soddisfazioni a noi ed ai nostri tifosi; e poi adesso è arrivato questo stop inatteso, che si lega ad una serie di fattori, non ultimi magari anche i dettagli» . E però quando le prime ombre della sera s’allungano e la tristezza prende il sopravvento, guardando e riguardando quelle immagini scioccanti della tv, è superfluo e quasi fastidioso riavvolgere la sintesi di un’analisi calcistica, ritrovarsi in un gioco fatuo.
LA REAZIONE – Fermi tutti: e non c’è pallone che rotoli, che prenda la scena, che induca ad emozionarsi: non c’è più o Lecce o Napoli e solo lo spiffero di ciò ch’è stata la tre giorni di tormento interiore per una sconfitta, la terza consecutiva, che ben poca cosa però rispetto a ciò che accade poi. La vita continuerà, maledizione, e si riprenderà da quel mercoledì sera con l’Atalanta, dalla involuzione o dalle difficoltà emerse tra marzo e aprile, da risposte che Mazzarri cercava in quelle umanissime debolezze che pure vanno riconosciute ad una squadra composta da ragazzi e mica da robot che un giorno son stati capaci di arrivare quasi ad un quarto di finale di Champions e poi si sono smarriti improvvisamente, forse inquietati dall’amarezza d’una sconfitta: «E’ vero che stiamo attraversando un periodo negativo, che il nostro trend ora è controtendenza rispetto ad un mese fa: succede a chi non sempre riesce a spingersi oltre se stesso. Noi ci siamo riusciti a lungo e siamo stati bravi a collezionare una serie di successi. Ora è arrivato il periodaccio ma se ne esce così: senza parlare troppo, facendo gruppo, trovando le energie dentro di sé. L’intervento di De Laurentiis è stato significativo ed opportuno, in tal senso; ed ha confermato, una volta di più, quanto sia importante la stima e la fiducia della società» . Ma ora è il momento del silenzio e Lecce-Napoli arriverà più in là, chissà quando ma neanche importa più di tanto a nessuno: perché sulla pista di Capodichino non c’è assolutamente traccia o desiderio di calcio; soltanto sagome che si riappropriano della realtà impietosa e restano compressi nelle loro riflessioni sul destino, sulla vita d’un venticinquenne da esso scippata via: «Questa è una tragedia che tocca tutti quanti noi ed è stato giustissimo fermarsi e non giocare» .
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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