Meno male che c’è la Champions. Non lo dice, ma di sicuro lo pensa Mazzarri, attento a tutto e quindi pure ai sentieri meno illuminati delle prestazioni dei suoi boys. Già, perché contrariamente a quel che si racconta in giro, non è stato e non è il pensiero, la preoccupazione, lo stress della Champions a togliere punti ed energie agli azzurri, bensì giusto il contrario. E’ questo che – carta canta – raccontano i numeri delle stagione azzurra. Dividere per credere: nelle 14 partite giocate con la testa al City, al Bayern, al Villarreal e quindi al Chelsea, infatti, la media punti-gara del Napoli è stata di 1 e 64; nei 10 match giocati tra la fine della fase a girone e l’andata contro il Chelsea, invece, la media è stata di 1 virgola 40. Non solo. Con il fiato della coppa sul collo, il Napoli, sempre in media, ha segnato anche più gol e ne ha subiti un po’ di meno. Viva la Champions, dunque.
EQUILIBRIO – Viva i felici sentimenti popolari che si sta portando dietro e anche quelli più privati e appena accennati di Mazzarri. «Il mio merito? Probabilmente quello di essere riuscito a parlare concretamente ai miei ragazzi, spingendoli a mantenere l’equilibrio giusto». E’ vero. Ha ragione. Perché da queste parti quando si tratta di calcio i sentimenti vanno su e giù, come in altalena. «A Napoli – racconta don Walter a RMC – o sei un fenomeno oppure dopo due sconfitte si parla di disfatta. Noi, invece, dobbiamo restare con i piedi per terra e affrontare ogni partita con il massimo della concentrazione». Parole sante. Che arrivano in fondo ad un pensiero più amaro che vendicativo. Più triste che spruzzato di veleno. Perché nel calcio – anche nel calcio – la storiella che se vinci sei bravo e se perdi, invece, sei un pollastro, beh, è vecchia come il primo pallone che s’è visto sulla terra. Figuriamoci poi a Napoli, dove, in campo e fuori, bisogna avere spalle larghe per resistere ad un ambiente che tra i suoi beni primari ci mette pure il calcio.
IL GRUPPO – Ma l’amarezza Mazzarri la cancella in un momento. Un passo indietro, la mente alla grande notte con il Chelsea e torna il sorriso. E con il sorriso, la consapevolezza di essere il sergente, il capitano, il generale d’un gruppo eccellente, che s’esalta nei grandi appuntamenti. «Nel mio Napoli – dice – ci sono grandi giocatori. Contro il Chelsea, che è una grande squadra, mi piace pensare – aggiunge – che è stata tutta la squadra a cercare il risultato e non solo attraverso la giocata del singolo». E non v’è dubbio che sia così. Del resto, la differenza tra questo Napoli e quello dell’inevitabile confronto (quello dei due scudetti, della coppa Italia e della coppa Uefa) può sintetizzarsi proprio in questo modo: il gioco di quel Napoli doveva soprattutto assecondare l’estro, la fantasia, la classe, gli umori dei singoli campioni, mentre i campioni del Napoli di oggi hanno l’ordine, l’obbligo e fors’anche la necessità di mettersi al servizio della squadra. Insomma: di partecipare, di sacrificarsi assai di più, in nome di quel gioco collettivo che Mazzarri disegna e poi pretende. E che ancor di più, prima della gara di ritorno a Londra il 7 marzo, pretenderà contro l’Inter e contro il Parma. Ma non c’è problema.
CARICA CHAMPIONS – Il Napoli, questa è cosa certa, quando c’è la coppa va assai meglio in campionato. E quando c’è Ranieri, poi, Mazzarri vola. Tra l’allenatore azzurro e quello nerazzuro, infatti, la bilancia dei confronti diretti pende tutta dalla parte di Mazzarri, con sei pareggi e quattro vittorie – più nove gol fatti e nessuno subito – nelle ultime quattro partite.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.