Gol possibili e impossibili. Assist e dribbling. Scatto, tiro e un ‘piede’ sempre allegro, sempre un po’ frizzante. Eccolo il calcio di don Peppino Mascara da Caltagirone, città di ceramiche e scalini, 142 quelli di Santa Maria del Monte.
E tanti, tantissimi ne ha dovuti salire anche Mascara per arrivare all’inno della Champions.
«Che emozione. Ero in panchina e quando è partita quella musichetta in un momento m’è passata davanti tutta la mia carriera. Che emozione. E che soddisfazione. Perché giocare in Champions è un punto d’arrivo per ogni calciatore» , racconta Mascara a Radio Marte, la radio ufficiale degli azzurri. E si capisce, si sente, che se la gode per intero questa bella sensazione, l’attaccante di scorta di Mazzarri. Di scorta, sì. Ma non è un’offesa. E infatti Mascara non s’offende. Anzi, la consapevolezza del ruolo è la sua forza.
«Ma sì, accettando il Napoli ho accettato anche la possibilità di spazi limitati. Non importa. L’importante per me è aver meritato ogni secondo, ogni istante delle mie presenze in campo» .
Si allena e aspetta, don Peppino, due presenze in campionato e una in Champions in questa stagione appena cominciata. Ma ora che Pandev ha qualche problema, chissà, le sue chance potrebbero aumentare.
«L’allenatore sa che se occorre può contare su di me. Lavoro per questo: per essere pronto quando il Napoli mi chiama». Quando Mazzarri lo chiama.
SINTONIA – E lui con Mazzarri ha un ottimo rapporto. Professionale e umano.
« Al di là del lavoro sul prato, ci dà equilibrio. Non s’esalta dopo una vittoria anche importante e neppure si deprime se va storta una partita » , spiega.
E anche l’allenatore apprezza lui. Perché Mascara è di quei calciatori che sgobbano in silenzio e, soprattutto, di quelli che in campo fanno ciò che l’allenatore vuole. Utile di piede e tatticamente assai ordinato, insomma. In quattro parole: al servizio della squadra.
E poi semplice. Sereno. Trasparente. E benvoluto dal resto della compagnia. Uno che, giochi o non giochi, sta nel gruppo. Ci sa stare. Partecipa e divide con gli altri gioie e dolori.
Un dolore? «Abbiamo vinto a Milano contro l’Inter e invece di parlare della nostra fantastica vittoria s’è parlato dell’arbitro e solo di lui. Quasi a voler sminuire la nostra prestazione: Questo, l’ammetto, ci ha fatto molto male » .
MILANESI – Un brutto pensiero cacciato via, però, immediatamente. Vince, infatti, il ricordo del successo. Anzi, del doppio successo con le milanesi. Prima tre gol al Milan, poi altrettanti all’Inter. Come si fa? C’è un segreto, forse? Certo che c’è. E Mascara non si fa pregare per svelarlo: « Le grandi squadre sono abituate a gestire la partita e impazziscono se togli loro ogni iniziativa. Ebbene, noi, grazie alla nostra straordinaria forma fisica, abbiamo fatto proprio questo: abbiamo costretto sia il Milan che l’Inter a rincorrerci e non ci hanno mai acchiappati » .
E’ il racconto della felicità d’una squadra intera, quello di Mascara, che ora, assente Pandev per una o due partite almeno, spera di guadagnarsi un altro po’ di spazio nel paradiso dei titolarissimi. E magari, chissà, ritrovare anche la gioia del gol. Furono tre nella stagione scorsa in undici presenze. Perché Mascara arrivò a gennaio dalla Sicilia. Ma ora, a trentadue anni e tante valigie fatte e disfatte, s’è scocciato di viaggiare.
« Ora sto a Napoli e spero di restarci. Ci sto tanto bene – dice –da pensare di chiudere qui la mia carriera. Prima, però, con questa maglia vorrei vincere qualcosa. Qualcosa d’importante» .
Si dice ‘importante’, ma come si traduce?
Scudetto, forse? Alt. Limite invalicabile. Mascara giura che nello spogliatoio azzurro non si parla e non si pongono obiettivi. Ma non è vero. Questa è solo un’amabile bugia di don Peppino.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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