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CdS – Mancini: “Ferlaino mi voleva con Diego”

Avrebbe po­tuto giocare nel Napoli, insieme a Maradona.

 «Un giorno Corra­do Ferlaino chiamò Paolo Man­tovani e gli disse: Mi cedi Man­cini. Mantovani rispose: Sì, se mi dai Maradona» .

Ricorda di­vertito, sorridendo. Paolo Man­tovani era il suo padre calcisti­co e in quegli anni disse molti «no» perché al «suo» Roberto non voleva rinunciare.

Mancini lei l’ultimo Napoli «europeo» l’ha affrontato da calciatore. Ricordi?

«Belli. Era un gran Napoli. Ed era una grande Samp. Maradona uno stupendo av­versario. E poi avevamo tutti qualche anno di meno».

Ricomincia lei in Cham­pions, ricomin­ciano loro. La sorta è proprio strana: un ita­liano contro una Italiana.

«Sarà una se­rata particolare: ci sarà anche mio pa­dre in tribuna. La cosa più importante è aver ritrovato la Champions. Poi la sorte nel calcio è a volte bizzarra, di­spettosa. E così ecco che mi ritrovo, per colpa di un’urna, a ricominciare contro una squadra italiana».

Che lei guarderà dall’alto in basso vi­sto che è capolista in Premier a pun­teggio pieno…

Ride e poi replica:

«Ma abbiamo gio­cato appena quattro partite. Fossero state trenta».

Sareste già campioni.

«Non ancora campioni ma non molto lontani dall’obiettivo».

Lei giocava contro il Napoli di Mara­dona, ora allena il genero di Maradona. Non è male nemmeno il ragazzo. O no?

«No, il ragazzo non è affatto male. E’ giovane e ha margini di miglioramento enormi. E poi ha una qualità fondamen­tale: è un bravo ragazzo».

Dodici gol tra lui e Dzeko: siete una superpotenza offensiva.

«Diciamo che stiamo messi bene. Perché poi, ne ho anche altri. Tevez, ad esempio, che non è al massimo della condizione. E poi c’è Mario».

Ecco, riuscirà a gestirli?

«Noi giochiamo più partite che in Ita­lia. E poi non mi pare che il Napoli stia messo peggio: Cavani, Pandev, Lavez­zi, Hamsik che non è un attaccante di ruolo ma i gol li sa fare».

Avrebbe mai immaginato una cresci­ta così rapida del Napoli?

«Sinceramente no. In fondo, sei, set­te anni fa la squadra era in C. Hanno fatto un gran lavoro. Napoli lo merita: ha un grandissimo pubblico».

Il calcio italiano fa meno paura che nel passato. Si è allargato il gap?

«Da un punto di vista strettamente tecnico, no. La differenza è in tutto quello che c’è attorno: gli stadi, il pub­blico, l’intensità».

Merito dei quattrini?

«Anche: in Inghilterra ce ne sono di più. E’ un po’ l’Italia di qualche anno fa».

In fondo le storie di Napoli e City si assomigliano…

«Tanto per noi quanto per il Napoli questa Coppa è un ritorno. Loro manca­no da tanti anni, noi da tanti decenni».

Voi, però, avete speso molto negli ul­timi anni, avete una «rosa» sontuosa, più che sontuosa…

«So bene cosa intende: abbiamo i sol­di, siamo condannati a vincere e se la ciambella non riesce con il buco la col­pa sarà mia. Ci sono abituato a questa pressione. Ma detto questo, voglio an­che sottolineare che non è che la “rosa” del Napoli sia messa male. Questo è un girone durissimo».

Il girone della morte, lo ha definito Alex Ferguson in un forum al nostro giornale.

«Esatto. E Ferguson se ne intende di calcio europeo. In questo girone posso­no essere sovvertiti tutti i pronostici, tutti possono arrivare primi e tutti pos­sono arrivare ultimi».

In una simile situazione qualcuno trae qualche vantaggio?

«Il Bayern è sicuramente più abitua­to a questa competizione. Forse è quel­la che ha rispetto alle altre un piccolo vantaggio».

Porterebbe via qualche giocatore al Napoli?

«Di bravi ne hanno tanti: Inler, Can­navaro, Cavani, Lavezzi…»

Lavezzi ha pensato realmente di por­tarlo via a Mazzarri.

«Noi cercavamo un attaccante e ab­biamo puntato su tre soluzioni: Lavez­zi, Aguero e Sanchez».

Perché ha scelto Aguero?

«Perché a un certo punto Tevez sem­brava sul punto di andare via e Aguero ci è parso più in linea con le nostre esi­genze ».

Riuscirà a gestire la delusione di Te­vez?

«Tevez è un professionista serio. Ci aveva chiesto di andare via perché è da tanti anni a Manchester, perché aveva delle esigenze familiari da soddisfare. Si sono aperti alcuni discorsi che, però, non si sono concretizzati. A quel punto lui ha capito: sa che deve rimanere qui».

Poi c’è sempre il «vulcano» Balotel­li. Preoccupato?

«Per niente. Mario farà una grande stagione, ne sono convinto. Per ora sta giocando poco ma lui sa bene che a questo punto il posto se lo deve conqui­stare. In ogni caso quando è sceso in campo ha fatto bene».

Quest’anno lei è obbligato a vince­re…

«In questi anni abbiamo lavorato per questo, abbiamo investito tanti soldi per mettere insieme un gruppo di gio­catori di grande qualità».

Infatti lei è considerato un uomo for­tunato: le hanno comperato di tutto e di più. Non teme che la ricchezza anneb­bi i suoi meriti?

«Su questa storia bisogna fare un po’ di chiarezza. Ci sono sei, sette squadre in Europa che hanno speso più di noi. Noi abbiamo venduto Jerome Boateng e abbiamo acquistato Clichi e Savic. Abbiamo speso 32 milioni per Aguero e 25 per Nasri. Il Barcellona di milioni ne ha spesi settanta, eppure era già la squadra più forte d’Europa. Noi abbia­mo investito sui giovani, su atleti che ci garantiscono il futuro».

Però non può negare che avere gli arabi alle spalle qualche beneficio lo determina.

«Gli arabi hanno preso questo club quando non vinceva nulla. E hanno in­vestito. Diciamolo chiaramente: non ci sono squadre vincenti costruite a costo zero. Si parla del Barcellona, si dice che vince per il vivaio. Ora è la squadra più forte d’Europa ma per molti anni non lo è stata. Non deve destare scandalo se si spendono soldi per vincere. Lo scanda­lo nasce quando vengono spesi male: meglio prendere un giocatore che costa trenta milioni ma molto bravo, piutto­sto che tre scarsi che complessivamen­te costano la stessa cifra».

Bastano i soldi per vincere?

«No. Ci vuole la mentalità. Io ci lavo­ro da un paio di stagioni. Però qui in In­ghilterra i tecnici hanno il tempo per costruire».

Fortunato anche in questo: in Italia il tempo è sempre tiranno.

«Il fatto è che in Inghilterra mettono il timone tra le mani del manager, gli danno fiducia, non lo cacciano dopo cinque sconfitte, semmai dopo dieci, qui ci sono club che sono retrocessi e hanno confermato l’allenatore».

Mazzarri ha lavorato bene…

«Non bene, benissimo. Lo stimo mol­to perché ha fatto bene ovunque è an­dato. E’ un vincente. E sia chiaro: vin­cente non è solo quell’allenatore che conquista lo scudetto o la Champions, ma anche quel tecnico che va, a condi­zioni date, va ben oltre l’obiettivo pos­sibile».

Manchester capitale del calcio: due squadre in vetta. Come vivete questa situazione?

«Felicemente. Lo United è lì da ven­t’anni, noi siamo arrivati ora».

Il rapporto con Ferguson?

«Ottimo, tra di noi c’è stima. E poi lui ha vinto veramente tutto».

Emozionato?

«Alla mia età e con tanto calcio alle spalle? No, direi che sono ormai vacci­nato».

La Redazione

A.S.

Fonte: Corriere dello Sport

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