Il brivido caldo della Patagonia – di questi tempi – è un’illusione, o magari – volendo esagerare – una sensazione, ma il telefono squilla e Santana vibra: Napoli è al di là del guscio, del cavo, di quella benedetta invenzione che accorcia le distanze e la buona notizia deve soltanto ricevere i crismi dell’ufficialità. Dettagli, si dice in gergo giornalistico: in termini pratici, turn over all’interno dell’organico, uno esce e un altro entra, perché è così che accade a Napoli, seguendo i percorsi della programmazione. La fumata azzurra che manda in archivio l’acquisto si perde ormai nelle notti roventi del mercato e fa niente se il Cesena non si è arreso all’idea di rinuciare a Santana sta continuando a offrire di più, restando incollato al cellulare sperando in una conversione mistica:
« Giocare in Champions e in quello stadio è una emozione senza eguali » .
Così parlò Mario Santana quando il sì era in fase di gestazione d’un trattativa comunque lampo, nata e chiusa senza batter ciglio, perché chi è nato in Argentina sa bene cosa chiedere alla propria vita calcistica. Napoli- Buenos Aires è un’antica storia di scugnizzi, un processo inevitabile di affiliazione: c’è empatia e poi c’è – perennemente – l’evocazione del dio del calcio. E, dunque, pure Santana con la maglia di Diego, l’ennesimo volo a cercar fortuna della terra del Profeta che in quello stadio ha lasciato la sua orma e induce qualsiasi compatriota a seguirne le tracce.
« E’ bellissimo poter pensare al San Paolo e alle serate di Champions, alla possibilità di lottare per qualsiasi traguardo con quella maglia addosso » .
In Patagonia fa un freddo insopportabile, adesso: ma Napoli è calore percepibile. Santana è bollente.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
