La rivoluzione silenziosa di Cesare Prandelli è iniziata dal reparto che meglio conosce, per averlo frequentato fin dall’infanzia. Il centrocampo. Ma quando Cesare giocava, a tutto pensava tranne che alla qualità. Gli sarebbe piaciuto fare un lancio come Platini, ma era un mediano, uno di quelli che all’epoca (anni Ottanta) portavano la borraccia al capitano. Per questo, a vederla giocare contro la Spagna (ma anche contro la Germania, la Slovenia e l’Ucraina, in questo bel 2011 azzurro) veniva logico pensare a Rivera, ad Antognoni, a Giannini o anche a Mancini come ct di questa Nazionale. E invece è Cesare Prandelli, un ex mediano alla Gattuso, uno che si è messo a sedere sulla panchina di una squadra a terra e l’ha ricostruita senza magie, ma col lavoro. E con la forza e la chiarezza delle idee. Aveva fatto lo stesso a Firenze: anche la Fiorentina era un cumulo di macerie e con lui, con la forza del gioco, è arrivata ogni anno in zona-Champions. La via di Cesare è spagnoleggiante, ma l’idea di seguire Iniesta e compagni sulla strada del bel gioco sta solo alla base del progetto. Il resto, il lavoro, il modulo, gli schemi, la conduzione e l’elaborazione della manovra conservano una matrice italiana. C’è più rapidità nel modo in cui l’Italia arriva in zona- gol rispetto alla Spagna, che ha più pazienza e più metodo nel condurre l’azione d’attacco.
GLI ALTRI – La qualità media del centrocampo è buona, ma è la coralità del reparto che la rende ottima. D’accordo, Pirlo resta il numero uno, insieme a Xavi, nel suo ruolo, ma l’Italia non ha Sneijder: con tutto l’impegno possibile, né Montolivo, né Aquilani arriveranno mai al livello dell’olandese. Non ha Iniesta, il nostro ct, non ha in questo momento centrocampisti che possano raggiungere il top di Lampard e Gerrard o Schweinsteiger: però il miglior De Rossi può arrivare al loro livello. Ma, come detto, è la costruzione del gioco voluta da Prandelli ad aumentare lo spessore del reparto.
I GOL – Contro la Spagna hanno segnato Montolivo (più che un gol, un capolavoro) e Aquilani; a Lubjana, contro la Slovenia, rete di Thiago Motta; a Firenze contro le Far Oer gol di De Rossi e Pirlo. E’ un caso se quasi tutti i centrocampisti di Prandelli hanno segnato in Nazionale? Probabilmente no. E’ il risultato del gioco, il prodotto finale di una manovra che in certi momenti entusiasma e porta tutti in zonagol. Il primo tempo contro la Spagna è stato uno spettacolo assoluto.
LO SPESSORE – Prandelli ha creato un centrocampo mobile sul piano dinamico e tattico. Prendiamo Montolivo: contro l’Ucraina, da regista, ha giocato la sua migliore partita in Nazionale e anche la migliore partita della sua stagione. Poi è tornato a fare l’interno e il trequartista (termine che non piace al ct perché indica una certa staticità legata a quella posizione, che invece lui intende in perenne movimento) e tutt’e due le cose insieme contro la Spagna. Thiago Motta, stesso discorso: quando ha segnato, in Slovenia, stava giocando davanti alla difesa, nel posto che teneva caldo per Pirlo. E come Thiago Motta, anche Aquilani. Il ct li fa muovere all’interno del rombo, il sistema di gioco che meglio esprime il suo tipo di calcio. Palla a pelo d’erba, uno o due tocchi, rapidi spostamenti svelti e massima intesa. Sembra facile e per ora lo è davvero.
VERSO UCRAINA&POLONIA – Il gruppo per l’Europeo è quasi pronto e, a meno di clamorose esplosioni, il centrocampo sarà quello che Prandelli ha preparato al suo primo anno di lavoro. Sono cinque titolari per quattro posti: Pirlo, De Rossi, Montolivo, Aquilani e Thiago Motta. Ci sentiamo tranquilli: un anno dopo il Sudafrica, al posto delle macerie ci sono tanti mattoni già correttamente sistemati, la casa ha un tetto e qualche parete è stata perfino imbiancata. Mancano solo i gerani sul davanzale. Gigli no, non pare il caso.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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