Se c’è si vede e si sente, eccome. Se non c’è, se ne sente tanto la mancanza. Ma dov’eravamo rimasti? Ah, alle sportellate con Okaka, scontro fra titani, in soccorso di Britos, ma pure al contenimento dell’Eder scatenato (e atterrato) , per quel secondo fatidico giallo a Marassi. Kalidou perciò espulso sul finire di una gara generosa e prorompente, alla sua maniera. E perciò in tribuna quando l’Empoli è arrivato a Fuorigrotta ad imbrigliare gli azzurri. Assenza pesante, non v’è dubbio, perché la coppia Albiol-Henrique ha ballato parecchio. Ma rieccolo fresco e pimpante giovedì nella sfida-allenamento con lo Slovan Bratislava dopo tredici presenze di fila in campionato (partendo titolare), quattro di Europa League (aveva saltato solo la trasferta a Berna contro lo Young Boys) e pure le due di qualificazione alla Champions. Certo, il test non era fra i più probanti, ma Koulibaly ha assolto l’ingaggio in maniera agevole e la difesa inedita (c’era la novità Andujar) con lui non ha corso rischi. Rassicurante la sua presenza, anzi la sua imponenza, con quel perentorio divieto di transito piantato davanti agli attaccanti slovacchi. E infatti di lì non s’è passato. L’ex Metz e Genk, facendo coppia (centrale) stavolta con Britos, s’è mosso da assoluto padrone del ruolo come aveva già fatto in tante occasioni.
LA CRESCITA. E’ di quelle esponenziali, di quelle che nel giro di pochi mesi hanno fatto anche impennare il suo valore: probabilmente raddoppiato (era stato acquistato dal Genk per sette milioni e un quinquennale) soprattutto dopo le eccellenti prestazioni contro Roma e Fiorentina. Tanto che alcuni club, tipo il Marsiglia (ma è anche sul taccuino di alcuni manager inglesi), di recente si sono messi sulle sue tracce. Inutilmente, perché da questo orecchio sia Benitez che De Laurentiis non ci sentono proprio. Quasi 1800 minuti nella stagione (ha davanti il solo Rafael) stanno a significare che il franco-senegalese, probabilmente anche in odore di nazionale (francese), ha conquistato tutti: integrandosi nel gruppo e nella città pur avendo solo 23 anni ed esperienza calcistica limitata fra Belgio e Francia. Con un quoziente di apprendimento elevatissimo, avendo assimilato a tempo di record tutto ciò che gli chiedeva il tecnico. Anzi ciò che gli aveva spiegato a pranzo, quando s’erano incontrati a maggio, spostando sulla tovaglia bicchieri e forchette a simulare movimenti e schemi.
Fonte: Il Corriere dello Sport
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