La vita è adesso: mentre intorno la felicità resta palpabile e quella gente stretta tra le proprie mani rappresentano creature da coccolare paternamente. La porta socchiusa sulla fantasia è in realtà una parete, un pannello che scivola sull’infinito e che scorre via, lieve, dal 23 agosto del 2009 sino ad oggi, le targhe su un’impresa custoditi saldamente tra guantoni mai lisi che sfidano il tempo. Ottanta volte De Sanctis, partendo da un Palermo-Napoli 2-1 e atterrando comunque dolcemente in Napoli-Fiorentina 0-0 per dimostrare che l’elisir della giovinezza esiste ed è sintetizzato in trentaquattrenne divenuto a modo suo un simbolo della rinascita partenopea.
RECORD – Ottanta volte titolare ed ottante presenze complete, novanta minuti per ottanta a dominare la tensione, a governare l’area e persino l’aria, a respingere lo stress da prestazione, a (ri)mettersi in discussione: un volo e via, verso orizzonti apparentemente inesplorabili. Si scrive De Sanctis, si pronuncia longevità: perché in quelle ottanta gare giocate tutte d’un fiato, senza mai tirarsi indietro, rintuzzando i raffreddori, le influenze, la fatica fisica, rappresentano un primato certo lontano dalle trecentotrenta fatiche di quell’eroe immortale che resta Dino Zoff, ma comunque rimarchevole in un calcio che consuma, usura, indebolisce e talvolta demolisce. Gli ottanta De Sanctis d’azzurro vestito ( due campionati interi, più due giornate), quel marchio di garanzia utile per integrare il progetto e permettergli di decollare sin nell’Europa che conta, raccontano l’affascinante evoluzione d’un « vecchietto » che affronta disinvolto il futuro per afferrare con un’uscita da kamikaze i sogni dell’infanzia cullati dinnanzi a quelle porte a più riprese: « Voglio vincere un trofeo con la maglia del Napoli. E poi voglio chiudere qui la mia carriera. Magari a quarant’anni».
CHE PARATE! – Il replay della memoria più recente sforna tre immagini emblematiche e in quest’avvio travolgente delal sua terza stagione napoletana i fotogrammi del De Sanctis imperioso che dominano l’immaginario collettivo sono racchiusi tra l’Etihad Stadium ed il san Paolo, in duecentosettanta minuti che offrono – e ribadiscono – la statura continentale e l’autorevolezza d’un (anti)personaggio da copertina. Il primo De Sanctis da applausi, in Inghilterra, con Manchester- Napoli rimasta inizialmente a galleggiare nell’equilibrio con un prodigio sul missile terra-aria di Kolarov, neutralizzato con quelle mani da scudo; il secondo De Sanctis che fa ammattire è quella piova che sul più bello della sfida con il Milan, quando è già 2-1, s’allarga e s’allunga, copre spazio e ruba tempo ad Aquilani, solitario dinnanzi a lui, e lo costringe a sparargli al petto; il terzo De Sanctis è più umano e però solenne in Napoli-Fiorentina, tenuta sullo 0-0 con un balzo per annientare la rasoiata di Montolivo dalla distanza, inchiodata poi con l’istinto sulla capocciata ravvicinata di Natali.
CHE DESIDERI – Azzurri, i pomeriggi sempre azzurri, e le notti pure, tra Napoli e la Nazionale ritrovata dopo un black- out di dodici mesi a suon di parate: l’anno magico è nella eccezionalità di interventi ma anche nella solidità psicologica trasmessa per reggere l’impatto con i grandi eventi, in quella maniacale cura dei dettagli con i quali prepara le partite studiando gli avversari, in quel diario che raccoglie i segreti dei centravanti dei rigoristi. Un milione di euro ben spesi da Marino, tre estati fa, un affare in senso letterale, ricapitalizzati da una esplosione fragorosa che gli è valsa la qualificazione per il mondiale in Sud Africa con Lippi e, dopo un po’, la fiducia in lui di Prandelli: 80 voglia di De Sanctis…
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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