Le mani sul volto e poi il boato: è qui la festa, in quella tensione da bruciare o da esorcizzare, in quell’onda azzurra che travolge De Laurentiis e poi lo trascina sin sotto la curva a spedire baci a quei trentamila che ci hanno creduto: «Questo è il primo trofeo della rinascita ed è la dimostrazione che Napoli esiste, è viva e sa essere campione del mondo nello sport». L’ultima (super) Coppa nel ’90, l’ultima Coppa Italia nell’87 e ora che la storia è stata arricchita e in quel librone azzurro c’è il 20 maggio del 2012, il passato che ritorna è nell’inevitabile revival dall’estate del 2004 sin in quell’Olimpico – in cui Hamsik s’è già rasato a zero, come promesso – lanciandosi poi nel futuro.
Cosa prova De Laurentiis, in questo momento?
«Sono felice perché abbiamo regalato alla nostra gente meravigliosa una gioia enorme. E’ un premio per loro, non per me. Io sono qui entusiasta di esserci, e pure qualcuno ha detto: ma chi te lo ha fatto fare, potevi stare a Hollywood con Johnny Depp o con gli altri attori. Io invece sono fiero di essere qui con Cannavaro, con Cavani, con tutti i miei ragazzi».
La Coppa Italia dà un senso elevatissimo alla stagione…
«No, la nostra annata è stata straordinaria, io vado oltre i risultati: per me sarebbe stato tutto bello anche in caso di sconfitta. Perché tutto quello che è stato fatto, ha un valore. E poi, se permettete, le valutazioni vanno fatte leggendo il ciclo: dal 2004 a stasera ne abbiamo fatta di strada, ne abbiamo avute di soddisfazioni. Potrei dire che il Chelsea ha vinto la Champions e noi per poco non li abbiamo eliminati: ma è andata, semmai adesso vorrei la bella, perché ne abbiamo vinto una a testa».
La sente come una rivincita personale?
«La sento come successo di una terra straordinaria. In questo Paese in cui esiste ancora il municipalismo, Napoli ha dimostrato ancora una volta la sua bellezza, che è nell’energia, nella capacità di sprigionare euforia e di essere competitiva. Dicono che prima di noi, in Italia, ci siano altre forze: io so che il potere è altrove, ma noi quando siamo in serie C abbiamo numeri che parlano in maniera indiscutibile. Napoli è una realtà del calcio mondiale».
In cinque anni, una sola volta fuori dall’Europa.
«La testimonianza della solidità della filosofia societaria. Siamo partiti dal nulla, eravamo un pezzo di carta: ma siamo cresciuti in fretta e ora ci siamo stabilmente sistemati nell’elite. Ma questi risultati non si raccoglierebbero se alle spalle non ci fosse una tifoseria ineguagliabile, che non ci ha mai fatto mancare il proprio sostegno».
La festa è appena cominciata, ma a luglio sogna di giocare con il Barcellona.
«Abbiamo avanzato questa prospettiva, ma adesso mi piacerebbe ritrovare il Chelsea. Io ho impegni in Cina, in Germania, in Usa ma sto pensando alla squadra da costruire: ci saranno novità che possono piacere ed altre che piaceranno di meno, ma sono fiducioso, gli Insigne stanno crescendo».
L’invasione della folla, la città che è scesa in piazza…
«E’ la loro festa, non togliamogli la possibilità di sfogarsi: il successo della squadra è un omaggio doveroso alla nostra città. Sono venuti in massa qui all’Olimpico, hanno potuto finalmente esultare. Lo ripeto e lo ripeterò sino alla noia: questo non è il primo trofeo della mia era, è la conferma».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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