Eppure era cominciata benissimo, con il dolce sapore della «resurrezione» afferrato al volo. Era cominciata con il «vecchio» Cibali trasformato in uno stupendo alleato e, come un anno fa, più o meno di questi tempi, talismano da abbracciare per intero. Trentasei secondi, un battito di ciglia, un colpo di tosse, anzi un tap in modello-matador: e le sei domeniche nel tunnel si dissolvono. E’ tornato Cavani, a modo suo, perfido e letale, con il piedino che anticipa i «nemici» e schiude orizzonti insospettabili, all’alba d’un nuovo giorno. Manco un giro di lancette per rimuovere le incrostazioni dell’ultimo mese, per rimettere a posto il tic-tac d’un cannoniere inguaribile, che s’era fermato al box per uno stop & go umanissimo.
CHE RABBIA – Ma sì, il solito Cavani: per sospendere il chiacchiericcio, per rimuovere la fastidiosa allusione alla «crisetta» , per sottolineare che pure gli extraterresti, talvolta, sono costretti a rientrare sulla terra. «Ma a me il gol non basta. Io volevo vincere» . E, trentasei secondi, la strada pareva ormai in discesa: perché a volte bisogna leggere nei messaggi che arrivano dal campo e quel Cavani così intraprendente, anzi bruciante, pareva proprio la fotocopia del matador dell’anno scorso. Rete, la sesta: dopo la zampata al Manchester City, uno scatto terrificante nel coast to coast con Maggio, che produce un assist sublime per un esterno sinistro delizioso; poi la tripletta al Milan, i campioni d’Italia, tanto per non nebarsi nulla; e, a seguire, il rigore con il Villarreal
RIECCOLO – Quel fenomeno paranormale, che un anno fa s’era sistemato il pallottolliere dinnanzi ai piedini fatati ed era arrivato a trentatré, ad un certo punto aveva dovuto convincere con il venticello del sospetto, che dà noia: trentadue giorni dall’ultimo acuto (in Champions), quanto era bastato per inquietare. E allora, meglio lasciar risplendere la luce: e al trentaseiesimo secondo, con le signore che ancora si sistemavano in poltrona e gli uomini che accendavano la sigaretta un po’ distratti, el matador ha ripreso se stesso e l’ha scaraventato nel bel mezzo del «Massimino» , spaccandolo in due. Gol di Cavani, di nuovo lui, ancora lui, un modo semplice ed autorevole per ritrovarsi, per tranquillizzare. «Ma io voglio vincere, non mi basta segnare e non mi rende felice segnare quando si perde» .
TRISTEZZA – E già: perché al trentaseiesimo secondo c’era da starsene allegri, ma un’ora e mezza, quando la prodezza ha il gusto pieno dell’effimero, in quegli scarpini ancora prodigiosi, restano chiodi che fanno male. Catania 2, Napoli 1: tra tre giorni c’è il Bayern Monaco e la Champions gli si addice. Ma dentro, ora, c’è un vulcano che erutta amarezza e una frase, una sola perché non ne servono altre, ch’è carica di malinconia. «Io volevo vincere».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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