E segna sempre lui: di desto o di sinistro, di testa o con il cucchiaio, all’inizio o alla fine, con il cronometro che scandisce il tempo, senza fermarlo mai. E segna sempre el Matador, il bomber per tutte le stagioni, d’estate e d’autunno, d’inverno o in primavera, in uno spazio infinito che raccoglie prodezze in sequenza. Si scrive Cavani si legge goleador, la dimensione (onirica) del centravanti moderno, la statura internazionale d’un uomo senza frontiere, il simbolo della prolificità scovato nelle pieghe d’un talento fresco, plasmato a immagine e somiglianza d’un Napoli bello e impassibile. E segna ancora lui: nove reti in campionato, quattro in Champions, alla faccia del pessimismo emergente, delle paure sommerse, d’una crisetta umanissima infilatasi qua e là, nel percorso accidentato d’un quadrimestre vissuto saltellando da un campo all’altro.
QUA SONO FELICE- Benvenuti al Sud America, a Salto, in Uruguay, l’angolo più «celeste» del macrouniverso del Matador, lo spicchio di terra in cui andarsi a rigenerare prima del semestre azzurro, una fatica boia aspettando il Chelsea e inseguendo Milan e Juventus, le nemiche terribili avvisate prima di decollare e immediatamente dopo l’ennesima doppietta rifilata (stavolta al Genoa) con il marchio di fabbrica d’un bomber implacabile: «Abbiamo dimostrato di potercela giocare con chiunque, la stagione è lunga…». E benvenuti a Napoli, stadio San Paolo ma anche dintorni, il microcosmo reso pirotecnico a suon di gol, l’habitat naturale scoperto nel luglio del 2010 e divenuta la culla in cui lasciarsi andare tra coccole e carezze, un’oasi svelata attraverso i tabloid inglesi e descritta come un paradiso: «Mi piace ogni secondo che vivo in Italia. Il calcio a Napoli è vissuto con grande passione, sono sommerso da richieste di foto, da complimenti. E’ una bella cosa: qui Maradona è venerato come un santo».
VOGLIA DI VINCERE- Trentacinque reti per cominciare, il bigliettino da visita presentato all’atterraggio, al termine di una annata pazzesca, protagonista in Europa League e terzi in campionato, il timbo per la Champions e l’orizzonte d’uno scudetto tricolore svanito sul finire. Ma non finisce lì, perché il bis è persino più applaudito e concede in dote la qualificazione agli ottavi della vecchia, carissima Coppa dei Campioni, le vittorie sul Manchester City e sul Villarreal, una tripletta al Milan e quattro mesi da follie autentiche, altri undici gol e la conferma d’essere al cospetto di un piccolo diavolo: «Vengo da una famiglia umile e ho imparato che per ottenere qualcosa bisogna sacrificarsi. La mia carriera è stata sempre caratterizzata dall’impegno, lavoro per migliorarmi, sono concentrato per farlo».
EL MATAD’OR- Quarantasei volte Cavani in appena sedici mesi, con otto doppiette e cinque triplette, la vittoria nell’agosto scorso della Coppa America con il suo Uruguay, poi prodezze infilate in rapidissima, una collana di perle da custodire gelosamente. El Matad’Or è il gioiello da ammirare, si vede ma non si tocca , che Aurelio De Laurentiis esibisce orgogliosamente dal proprio caveau del San Paolo, un diamante che stuzzica un giorno sì e l’altro pure il desiderio dei magnati, il soggetto del desiderio – come riferisce il Sun – di Roman Abramovich, l’antagonista – tra febbraio e marzo – della porta a fianco e, per ora, l’estimatore con portafoglio colmo di sterline per arrivare a Cavani e Hamsik.
RITORNO ALLA FAVORITA- L’anno che verrà, poi, è un’iniezione d’adrenalina allo stato puro sin dal fischio d’avvio: stadio de la «Favorita», Palermo-Napoli, la sua partita, con dentro la sua Italia, il suo passato, il suo presente, il suo futuro, Cavani che va incontro al Cavani prima maniera, la promessa in erba che si rivede nel goleador completo, nel trascinatore attuale. E’ una storia da rileggere tutto d’un fiato, di gol in gol.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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