Do you remember? Dieci anni, ma sembra ieri: perché in questo viaggio nel tempo non ci sono vuoti nella memoria, ne buchi da colmare. Ricordano, eccome: e stasera, nel ventre del «Manuzzi», prima di sistemarsi l’un contro l’altro, amichevolmente «armati», ci sarà spazio per raccontarsi dei figli, della famiglia, di ciò ch’è successo, di ciò che accadrà al di là di quel tappeto verde sul quale lasciarsi andare. Chi trova un amico rimedia un tesoro e in questo calcio bulimico, che divora gli spazi e spesso sopprime i sentimenti, non saranno tre punti a dividere Paolo Cannavaro ed Adrian Mutu, i nemici carissimi di un’overture che riconduce al passato, alla giovinezza, agli esordi e ad un sodalizio inattaccabile dai tnnule, dai dribbling e persino da qualche lecita marachella frutta dell’andrenalina, della tensione agonistica.
MIO FIGLIO ADRIAN –E’ Cesena contro Napoli e sarà pure Mutu contro Cannavaro, ma solo calcisticamente, perché prima e dopo, con il pallone sistemato nell’angolo dei propri pensieri, ci sarà soltanto modo per rievocare le affinità scoperte a Verona, anno di grazia 2001-2002, quando si era all’avvio delle rispettive avventure, iganri di cosa avrebbe riservato il destino, se non la saldezza di un’amicizia destinata a rimanere viva, impressa nella pelle e non solo simbolicamente. Paolo Cannavaro e Adrian Mutu si conobbero in quel Verona che dieci anni fa Rino Foschi assemblò a modo suo, consegnandolo a Malesani: c’erano un Dossena in erba, un Camoranesi iun rampa di lancio, un Gilardino baby, un Oddo già scalpitante e poi anche loro, quel napoletano e quel rumeno che si intendevano con uno sguardo e che la stagione successiva si sarebbero ritrovati a Parma. Allenatore Cesare Prandelli, altra squadra di talento: Adriano ancora Imperatore, Frey tra i pali, pure il Gila con loro, Lamouchi, Nakata, Taffarel che sta per diventare campione del mondo con il Brasile. Cannavaro e Mutu si stimano, si frequentano,si consigliano, si sostengono nelle difficoltà e condividono le gioie: al matrimonio di Paolo, tra i pochi calciatori, c’è Mutu e quando a la loggetta viene esposto il fiocco azzurro per l’arrivò di un bebè. Guarda un po’ che caso quel bambino si chiama Adrian.
ATTENZIONE –Dagli amici lo guardi Iddio, che dai nemici si guarda lui, Cannavaro Paolo, professione capitano del Napoli, in realtà uno scugnizzo che sa bene di avere Mutu dall’altra parte, cliente scomodo, che conosce ben bene, che va affrontato con rispetto però senza leggerezza, perché altrimenti accade come il 14 settembre del 2008, tre anni fa, quando al San Paolo quell’irriguardoso del rumeno mise la zampata dell’1-0, spinse il Napoli nella penombra dalla quale lo tirarono fuori con la rimonta Hamsik e Maggio. Il serafico Cannavaro la prese con filosofia e ci rise su:«Già, meglio non fidarsi».
INCONTRO RAVVICINATO –E quindi, a voi: perché stavolta, a differenza che nei precedenti incontri, la possibilità di un incontro assai ravvicinato esiste; perché stavolta, nella zona del capitano che pensa al Cesena e aspetta anche la Champions, quel diavoletto dell’amico più caro ci va a finire di sicuro. E allora, ricordare conviene ad entrambi: uno penserà a quali invenzioni geniali, il funambolo rumeno starà preparando; e l’altro, di riflesso, si ingegnerà a sorprendere l’ormai bandieraazzurra.
RIECCOCI –Il destino è sceso in campo immediatamente ed ha deciso per loro, sistemandoli uno di fronte all’altro: Cannavaro va in giro con il nome di suo figlio (e del suo amico) tatuato su un braccio, poi ha scritto Adrian persino sulle scarpette. Mutu sa di avere in Cannavaro un punto di riferimento sicuro e continua ad avere con il suo ex compagno di squadra contatti e slanci di assoluta sincerità. Prima della partita, però, vietato sfiorarsi: accadrà stasera, stadio Manuzzi. Ricordi, Adrian? Ricordi, Paolo? Qua la mano, ci rivediamo tra novanta minuti.
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