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CdS – Abete ci riprova su tavoli separati

Domani incontri con Tommasi e Beretta

 Perduto l’onore, il calcio italiano prova a recuperare alme­no un po’ di faccia. Gli appassiti protagonisti di questa avvilente vi­cenda hanno un solo modo per rag­giungere l’obiettivo: riaprire gli stadi l’11 settembre. Una protesta prolungata infliggerebbe al calcio italiano il colpo di grazia visto che in campo (a livello europeo) ormai si vince poco e da un punto di vista economico scivoliamo da tempo verso le ultime posizioni nelle classifiche del football europeo. Pesantissimo il «risveglio» dopo il venerdì nero. Il presidente federale, Giancarlo Abete, fin qui dalla media­zione è uscito ammaccato e parecchi, per opportunismo, hanno esultato. Eppure la sua è al momento l’unica stanza di com­pensazione, di mediazione, visto che in Lega litigano anche sulla marca del caffè da acquistare per i distributori automatici. Il presi­dente ieri è andato « regolarmen­te » in campo. Si è chiuso nel suo ufficio in un palazzo deserto. Ha fatto nuovamente il punto della si­tuazione con il presidente del Co­ni, Gianni Petrucci mentre fuori, fra un’amichevole e un’altra, esplo­deva il caso della trattenuta, altro aspetto paradossale del calcio vi­sto che, nel mondo reale, chi non fornisce una prestazione perde la giornata di lavoro. Così sembra pensarla la Fiorentina che sta stu­diando il caso. L’avvocato Calca­gno, consigliere federale dell’Aic, da un lato dice che se ci sarà da pagare, i calciatori pagheranno ma dall’altra aggiunge che non si trat­ta di sciopero visto che il rinvio del campionato è stato disposto dalla Federazione. In realtà, un sofisma visto che la Figc ha rinviato dopo che i calciatori hanno annunciato che non sarebbero scesi in campo. Certi «distinguo» non aggiungono serietà a una protesta che non tut­ti, fra i frequentatori degli stadi, hanno capito e gli striscioni dileg­gianti ne sono una conferma.

TELEFONATE – Abete ci riprova. Ieri ha valu­tato l’entità delle «fe­rite » , piuttosto pro­fonde. Ecco perchè punta su soluzioni che «raffreddino» gli animi. Il presidente federale ha chiamato Maurizio Beretta, presi­dente della Lega, l’uomo che da questa storia è uscito a pezzi, vero tallone d’Achille della trattativa, da un lato perché dimissionario da mesi e, quindi, inevitabilmente de­legittimato; dall’altro perché non essendo uomo di calcio, ha finito per subire il dinamismo di presi­denti come Claudio Lotito. Nei giorni più drammatici del calcio italiano, ha inanellato prima la fi­guraccia di una conferenza stampa in cui ha smentito se stesso, poi una gestione fallimentare della proposta avanzata da Tommasi. Ma non è agevole nemmeno il ruo­lo di Tommasi, anche lui contatta­to da Abete. Ora che l’ordalia del­lo sciopero è stata consumata, le strade sono solo due: protesta a ol­tranza o accordo. Nelle dinamiche sindacali, la fase più pericolosa è proprio quella che segue la rottu­ra.

INCONTRI – Abete freme:

« Non pos­siamo stare con le mani in mano, non possiamo accettare l’idea che non si giochi nemmeno l’11 settem­bre ».

Domani riavvierà la media­zione. Nel pomeriggio vedrà Be­retta e Tommasi, separatamente perché la si­tuazione è tal­mente incan­descente che metterli allo stesso tavolo potrebbe esse­re contropro­ducente. Il presidente fe­derale lavora sull’ultima idea di Tommasi, quel contratto- ponte suggerito da Aurelio De Lauren­tiis, ideale per avviare un periodo di decantazione. In alternativa, an­che la proroga del vecchio accordo collettivo. Resta l’amarezza. Le di­chiarazioni dell’allenatore della Juventus, Antonio Conte, a via Al­legri ( e non solo) sono state lette come la conferma che sull’irrigidi­mento più che le motivazioni rea­li, abbiano pesato interessi di bot­tega. Fra tre giorni verrà meno forse una delle cause reali dello scontro: il mercato.

La Redazione

A.S.

Fonte: Corriere dello Sport

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