Ventisette anni: c’è un buco (rosso)nero, ma la luce in fondo al tunnel di (San Siro) s’intravede in quel sorriso da eterno fanciullo, nell’espressione lieve e gioiosa, nell’esuberanza e nella felicità. L’uomo dei sogni sa come si fa: e mentre il 13 aprile del 1986 resta un punticino che si disperde nel passato, un’ombra che s’allunga e a modo suo ghermisce ciò che è stato, in quell’ora e mezza da vivere tutto d’un fiato Sua Maestà (il bomber) si presenta con la fierezza del viceré, l’erede designato a rincorrere il Paradiso Terrestre “sentendosi” un po’ Diego. Si scrive Cavani e però si ripensa a Maradona, al totem inavvicinabile d’una città innamorata pazza di quel genio “benedetto”: e al di là dei paragoni improponibili, ben oltre l’azzardo d’avventurarsi in confronti inaccessibili, in quella Milano da bere del Terzo Millennio atterra un altro alieno, un extraterestre senza macchia e senza alcuna paura, quel fenomeno paranormale capace di spostare – talvolta anche da solo – gli equilibri d’un match e quelli d’una stagione.
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