Di notte, di giorno o a colazione non fa differenza: 17 gol in 17 partite stagionali. Cinquantanove in due campionati e mezzo con il Napoli. Ottantatré in totale considerando le coppe. Edinson Cavani ha una fame atavica, e non sono soltanto le cifre, strepitose, a ricordarlo ogni volta: lo capisci guardandolo correre come un matto partita dopo partita, azione dopo azione, fino alla fine. Perché nella sua logica, di umano disumano attaccante, anche l’ultimo istante può essere utile a migliorare. La doppietta di ieri, che nei secondi finali è quasi diventata un tris (come volevasi dimostrare), ha confermato ancora il più grande problema legato a lui: raccontarlo, e raccontarne le prestazioni, diventa ogni volta più arduo. Perché gli aggettivi, per Edi il Matador, sembrano non bastare mai.
LA CONTINUITA’ – E allora, vamos al ritmo dei Charrua. Di quei nativi uruguaiani famosi per il vigore, di cui lui è fiero discendente nonché manifesto vivente. Cavani è un assatanato del calcio: un atleta meraviglioso, un attaccante implacabile dotato di una continuità spaventosa. Ha cominciato la sua avventura azzurra nel 2010 a Boras, in Svezia, segnando due gol all’Elfsborg e non s’è mai più fermato. Fino a ieri è andata così: «Sono felice per la vittoria con il Pescara e per la doppietta, ma ora bisogna insistere». Continuità, appunto.
LO SCUDETTO – Cavani detta legge e guarda al futuro: bella la vita lassù, in vetta, a due punti dalla Juve e da un sogno chiamato scudetto. «Noi andiamo avanti per la nostra strada, senza guardare gli altri e senza pensare a risultati diversi da quelli del Napoli: alla fine del campionato, poi, si vedrà dove potremo arrivare». Tra l’umiltà e la diplomazia, però, s’infila d’obbligo anche l’ambizione: «A prescindere da tutto, è ovvio che abbiamo voglia di arrivare molto in alto e di lottare per qualche obiettivo importante. Anzi, per il massimo».
VERSO L’INTER – Il massimo tinto di tre colori; il minimo legittimo per un giocatore del suo calibro. Uno che si descrive così: «Non mi accontento per natura: voglio sempre vincere e segnare». E cresce il rammarico per il tris sfumato nel finale: «Mi avrebbe fatto piacere, certo, ma non importa. Tra l’altro, la partita era chiusa e bisogna anche avere rispetto per gli avversari. Comunque, l’importante è continuare a giocare come nel secondo tempo: è la strada giusta per il futuro e anche l’atteggiamento migliore, quello che piace a Mazzarri». La strigliata dell’allenatore è arrivata puntuale nell’intervallo: «Era giustamente arrabbiato per il modo in cui abbiamo concluso il primo tempo». Poi, però, è arrivata la svolta al rientro in campo: «Sì, abbiamo disputato una grande ripresa. Al di là del risultato: siamo partiti bene e abbiamo meritato sempre più quando loro sono rimasti in dieci. Ora, però, bisogna pensare subito al Psv e all’Inter».
IL SEGNO – Sì, vero, c’è prima l’Europa League di giovedì, ma considerando che il Napoli è già qualificato, è ovvio che la mente di Cavani sia proiettata alla grande sfida di domenica a San Siro. Perché lui pensa alla squadra, non alle statistiche individuali, nonostante punti a battere il record personale di 33 gol stagionali e quello di Maradona in maglia azzurra, 115 reti in totale, si avvicini sempre più: Edi è a quota 83 (59 in campionato, 7 in Champions, 13 in Europa League, 5 in Coppa Italia, 1 in Supercoppa). «Cercherò di fare il massimo, il meglio possibile, però non guardo ai grandi del passato: voglio lasciare un segno in questa città, a questa gente e in questo club, ma con il mio nome». Edinson Cavani. Già indimenticabile.
A.S.