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Cavani: “Vi racconto le mie 100 prodezze”

Il "Matador": "Le reti contro il Lecce e il Cesena sono state le più belle"

Cento gol e centomila baci. Da Boras al San Paolo, dalla Svezia a Napoli: cavalcando sempre l’onda azzurra della passione, dell’amore, del sentimento. «I miei gol per i tifosi» . Sì, pescatore del Golfo. Uomo del popolo, Matador della gente. Attaccante di razza, come si definisce lui stesso, e poi molte altre cose. Con il corazon che batte all’impazzata. Chiamatele, magari, emozioni; chiamatelo amore, se volete: non resta che guardare le immagini, ascoltare le parole di Edi, domare i brividi e poi decidere. Operazione possibile da domani, quando in edicola, insieme con il Corriere dello Sport, a soli 8,80 euro in più sarà possibile aggiudicarsi anche il dvd di una sfida meravigliosa a colpi di gol e prodezze: Diego Armando Maradona “El Pibe de Oro” vs Edinson Cavani “El Matador” . Le cento perle di Diego (selezionate tra le centoquindici) contro le cento di Edi (fino al rigore con l’Inter del 5 maggio, il traguardo: ora sono 103). Sette stagioni (quasi sette) contro tre. Il re contro il principe ereditario. Sua maestà il calcio contro l’umano disumano venuto dall’Uruguay. Uno spettacolo imperdibile. 

LA DEDICA – E allora, Cavani presenta Cavani. Il suo grande capitolo all’interno dell’enciclopedia azzurra del gol. La summa, uno show costruito attraverso immagini evocative che, il Matador, commenta di volta in volta riguardandosi e assaporando ancora il dolce e l’amaro; lo zucchero e il sale; l’aroma, il profumo meraviglioso e il brivido interminabile che scuote la vita “di un attaccante di razza” . Ipse dixit. El dichò. Parola sua: «Sì, per un attaccante vero, di razza, l’esultanza dopo un gol è una scarica di gioia, concentrazione o anche rabbia. Quando si segna si scarica in tanti modi, anche con un balletto studiato nello spogliatoio durante la settimana, come facciamo da quando c’è Armero: lui è Zuniga sono sempre allegri, felici, e al morale fa molto bene. Ecco perché a persone così ti affezioni» . Dicevamo? «Sì, con un esultanza fai festa e fai vedere che tenevi tanto a fare gol. Per te stesso e la squadra, ma soprattutto per la gente. Per i tifosi»
LA SUA GENTE

– Una dedica sentita, una dedica spiegata attraverso i primi cento graffi della spada del Matador. «Quando mi guardo indietro, quando guardo alla prima partita con il Napoli in Europa League a Boras, con l’Elfsborg, penso a quanto, partendo da zero, sembri impossibile arrivare a quota cento» . Ieri, oggi e domani. Un soffio. Magia e bersaglio

«Il più difficile con il Cesena. Brividi per il tris alla Juve Con il City provai qualcosa di unico»

colpito al cento. Al centro: «Un traguardo complicato e un’emozione bellissima. Un sentimento super: ogni singolo gol ti rende orgoglioso a livello personale, certo, ma soprattutto per la gente. Per i tifosi che ci seguono ovunque e ci riempiono di amore. Per loro. Sì, è per la gente che giochiamo; che io provo ogni volta a segnare» .

LA TECNICA – Ci è riuscito tante di quelle volte, Edi, che valeva davvero la pena mettere insieme vita e opere. E poi, che stile: testa, acrobazia, destro, sinistro; uno, due (quattordici volte), tre (otto volte), quattro (una). Grappoli di gol come uva pregiata. «Il più difficile? Con il Cesena» . Quello del 4-1 per il Napoli, il 26 settembre 2010 partendo dalla panchina. «Sì, quello il più complesso per una questione di tecnica: ho calciato di prima a giro, in velocità, sul filo del fuorigioco»
EMOZIONE UNICA – Il terremoto interiore, però, ha un’altra data: 9 gennaio 2011. «La mia prima tripletta con il Napoli, con la Juventus al San Paolo. Si sa che questa partita è diversa dalle altre, è quasi un derby per la grande rivalità. E’ molto sentita, ed è per questo che m’ha dato qualcosa in più: dal punto di vista dei sentimenti, innanzitutto, e poi della vetrina prima europea e poi mondiale»
LA CONSAPEVOLEZZA – A proposito: «Anche il gol con il City al ritorno mi ha dato tanta carica: sentire urlare il San Paolo in quel modo, come tutta quella gioia e quella foga, ci ha dato la spinta per passare il turno. Un’emozione fortissima, soprattutto perché loro erano più forti e favoriti» . Il gol nell’anima, però, è un altro: 19 dicembre 2010, ancora al San Paolo. Pioveva e schizzava fango: «Con il Lecce. A tempo scaduto. Prima della pausa di Natale: noi cominciavamo a dimostrare qualcosa, di poter competere con le squadre in vetta, ed per questo che quel tiro, quel gol, mi ha segnato di più» . Da fuori, costruito, inseguito, voluto con tutto se stesso: un missile alle spalle del suo futuro compagno Rosati e una liberazione collettiva. «Ma un posto speciale c’è anche per quello con la Juve in finale di Coppa Italia, su rigore: un successo stupendo» . Cento volte Matador. Tutti in piedi. E poi seduti a guardare.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S. 

 

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