Il «Diavolo» l’ha già steso una volta. Da solo, come solo lui sa fare. Una tripletta che Cavani ancora ricorda. Una delle sei messe a segno con la maglia del Napoli. Ma sicuramente una delle più belle. Il Milan, fresco di scudetto, era piombato al San Paolo alla seconda giornata del campionato scorso, 18 settembre 2011. Ancora con il petto in fuori, specie dopo la prestazione di Barcellona, e forse con la convinzione che il Napoli potesse risentire della prima fatica in Champions, il pari strappato in casa del Manchester City. Invece, non fu così.
UNO-DUE-TRE – Allegri s’illuse sul vantaggio di Aquilani, giunto dopo appena undici minuti di gioco. Pensò che quella striscia di risultati positivi, che durava dal tre aprile, potesse proseguire agevolmente. Non fu così, invece, perché il Matador, gasato dal gol segnato sotto gli occhi esterrefatti di Mancini, aveva il piede ancora caldo. Doveva smentire quanti avevano messo in dubbio che potesse ripetere la seconda stagione a suon di gol. E rincorreva una rivincita covata per mesi: il ko al San Paolo quando venne espulso Pazienza per doppio giallo a fine primo tempo ed il tre a zero al ritorno. Accese il turbo, s’avventò come un falco su una deviazione aerea di Maggio per il pari; accompagnò Gargano in una ripartenza fulminea per il raddoppio; fece altrettanto ad inizio di ripresa riprendendo una respinta su conclusione di Hamsik. E poi rivolse lo sguardo al cielo per ringraziare Dio mentre i cinquantamila del San Paolo erano letteralmente in delirio per lui. «Non vogliamo fermarci qui», disse l’uruguagio a fine partita, reggendo tra le mani il pallone della gara che gli spettava di diritto. « La squadra è sempre più convinta dei proprio mezzi. Il nostro segreto? Sapere che siamo un gruppo affiatato e che non si abbatte alla prima difficoltà», aggiunse, illuminando la prima delle notti magiche vissute a Fuorigrotta soprattutto in Champions. Da quell’impianto, Cavani si era congedato con una tripletta alla Lazio mesi prima. Si ripresentava con un altro tris, confermando di non aver perso il vizietto del gol, riscoperto anche grazie a Mazzarri. Anche De Laurentiis era felice quella notte: «Noi belli e forti», esclamò il patron. Ma il Napoli, impegnatissimo a non sfigurare in Champions, perse punti per strada (ovviamente a favore della Juventus) anche se andò a vincere in casa dell’Inter ed al ritorno bloccò i rossoneri sullo zero a zero.
LA STRISCIA – Ora Cavani è gasato come allora. Forse anche di più. Viaggia alla media di un gol a partita, quattordici su quattordici, tra campionato, Europa League e Supercoppa Italiana. Sei centri in otto giorni, tra cui il primo poker messo a segno con la maglia del Napoli nella sfida agli ucraini del Dnipro. Non smette più di stupire, ormai. E non ha alcuna intenzione di fermarsi, proprio ora che comincia a sentirsi il trascinatore dei suoi, ora che con Hamsik ed Insigne l’intesa va a meraviglia, ora che il flessore non dà più noia e può correre all’impazzata da una parte all’altra del campo. Ottanta gol in maglia azzurra sembrano una base di lancio più che un traguardo prestigioso già raggiunto. Ben venga il Milan, l’occasione buona per regalare un’altra notte da favola ai sessantamila che accorreranno al San Paolo.
IL REPERTORIO – Degli otto gol realizzati in campionato, si coglie una varietà d’esecuzione degno di un fuoriclasse delle aree di rigore: tre reti con il destro, due di sinistro, uno di testa e due tiri dal dischetto trasformati con disinvoltura e sicurezza. Ed in Europa League ha sfoderato un’altra specialità della ditta: il calcio da fermo. Implacabile anche sulle punizioni, laddove lo scorso campionato le lasciava battere ai compagni per eccesso di generosità. Sono tre anni ormai che non si ferma. Ma Cavani ha mostrato doti atletiche da superman. Solo lui in pieno recupero può seminare gli avversari sulla corsa, come accaduto a Genova e con il Dnipro. E sarebbe capace di piegare il «Diavolo» da solo, concedendo uno splendido bis.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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