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Cavani, l’ora di tornare a divertirsi

Il "Matador" oltre che in un momento non felice è anche sfortunato sotto porta

Si riparte: per un altro lungo viaggio, alla ricerca della felicità perduta. Lucas è a Montevideo e lunedì sera verrà abbracciato dal suo papà: che però prima, perché il dovere chiama, trasformerà il san Paolo nella «personalissima» pista di decollo, si toglierà quelle cinture d’insicurezza delle ultime sei partite di campionato e si lancerà in quell’universo dominato dall’alto delle diciotto reti in campionato, delle ventisette comprese le coppe d’ogni genere e specie, le novantatré in assoluto nel Napoli, le centouno in campionato. Si riparte: per dimostrare a se stesso che dentro el matador batte il cuore d’un leader al quale De Laurentiis s’è rivolto personalmente per cercar di capire, per scoprire perché. 

IL DIGIUNO – Eh, già: perché? I conti all’improvviso non tornano e l’inverno è divenuto rigoroso, s’è trasformato in una sorta di ramadan, ha spaccato in due l’incantesimo ed ha allungato un’ombra sull’umore di un Cavani sempre sempre sorridente e invece ora immalinconito, pure lui a sondarsi dentro per scovare le ragioni d’un malessere che aritmeticamente fa 725 minuti (recuperi esclusi, altrimenti sarebbero 762), un buco enorme, praticamente una voragine, spalancatosi dinnanzi a quel famelico cannoniere che per cinque mesi ha viaggiato alla media d’un gol a partita. 
LE OCCASIONI – La fortuna è cieca però la malasorte deve vederci benissimo, se nell’ultimo mese qualcosa è cambiato nelle abitudini: sei gare in bianco – e però otto inserendoci pure l’Europa League: che allungano il silenzio del cannoniere a 905’ – ma anche una serie di circostanze, come definirle?, fortuite che hanno avuto il loro. E allora, vabbé, la traversa all’Olimpico di Roma, contro la Lazio, è un dettaglio; e l’opportunità di Udine – cinque centimetri avanti, sul cross di Armero – è affanno; e infine il rigore di Verona, sa d’imprecisione e però pure di congiura in una fase in cui gli astri non sostengono. Il peggior Cavani della sua belle époque napoletana, ma guarda un po’, che va a mischiarsi anche con quello che vuole essere il migliore di questo triennio: trentatré reti nella sua prima annata e altrettante nella seconda; con novecento minuti a disposizione, si può ribaltare non solo lo stato d’animo ma pure quel primato ancora freschissimo. 
L’INCONTRO – Ma il mercoledì di riflessione è servito per ricaricarsi, per sentire la presenza della società al fianco, per avvertire l’incoraggiamento di De Laurentiis, per puntare «al massimo» , che in sintesi vuol dire il secondo posto e che personalmente significa anche classifica dei cannonieri: dieci finali, un altro campionato da giocare, con il miglior Cavani, quello che – straripante – ha scatenato la ressa di mezza Europa intorno al suo istinto, quello che ha scelto Napoli «perché qui sono felice e voglio lasciare un segno» , quello che s’è messo nella scia di Maradona, lo segue ancora debita distanza, quello che dopo aver toccato quota cento in Italia vuole farlo adesso in maglia azzurra. 
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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