Ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho: e ci sono pure i «doppioni» e le triplette, in un album pieno, pardon colmo di foto, diciotto avversarie su diciannove della serie A griffata Cavani trasformate in vittime sacrificali e l’unica – il Pescara – sinora salva per aver evitato qualsiasi forma di contatto pericoloso. Ce l’ho, ce l’ha: dall’Atalanta all’Udinese, tutti compresi e nessuna esclusa, tranne il Pescara che gli si para davanti domani, in un mezzogiorno e mezzo di fuoco in cui el matador torna al centro dell’attenzione, rinfrescato dal riposo (obbligato) con il Cagliari e ritemprato dal piano d’avvicinamento alla «Vecchia Signora» che procede rapidamente. Trentatré reti nella prima stagione, trentatré pure nella seconda e ricominciare (ancora) da trentatré è stato un piacere: perché (pure) stavolta, quindici reti in sedici gare, un media da far impallidire gli avversari e una tendenza da far impazzire il San Paolo o quella Napoli che è sempre più sua, non rappresentano un miraggio.
VISTA DA VICINO – Si gioca e stavolta sistemandosi nella scia di «Madame», avvertendone la scia di profumo di quel primato che, allo stato, è a portata di Cavani, del suo entusiasmo lasciato trasparire nei giorni scorsi, attraverso confessioni che non ammettono dubbi sulla consistenza delle aspirazioni dell’uomo dei sogni: «Io sono arrivato qua per lasciare un segno nella storia del club e per entrare definitivamente nel cuore della gente. Non sono arrivato a Napoli per fare più di Diego, insomma». Ma, per cominciare, el pibe de oro s’intravede – seppur in lontananza – e quelle centoquindici reti non sembrano una cima irraggiungibile da chi quest’anno procede con una media di (quasi) un gol a partita; però la Juventus è nei pressi, due punti appena, e la tentazione di chi s’è messo in testa un’idea meravigliosa è racchiusa in quella verità resa pubblica di recente e in uno slancio di sincerità che non ammette dubbi e che richiede soltanto conferme immediata dal campo: «Possiamo raggiungere chi ci precede e il tricolore ormai non è poi così lontano. Io e miei compagni siamo sul pezzo».
PICCOLA… (GRANDE PERICOLO) – E allora, Cagliari è andata standosene (s)comodo in poltrona, un telecomando da torturare o lo stress da assenza da esorcizzare: però il Pescara è ormai dietro l’angolo di un’altra notte in cui fantasticare, mettendosi a contare le ottantuno reti sin qui segnati e quelli (in particolare) realizzati in serie A o in Coppa Italia alle antagoniste di questo campionato nel quale l’unica «superstite» alla mattanza è il Pescara, che Cavani sfida per la prima volta e sul quale ci va cauto, perché fidarsi e bene ma non fidarsi è sempre meglio: «Guai a sottovalutare questa gara: gli avversari ci conoscono e quando vengono al San Paolo si chiudono e diventa più difficile trovare la strada del gol. In Italia, si sa, le differenze sono minime e si vede ogni domenica: puoi trovare un avversario sulla carta abbordabile, che invece ti mette in difficoltà».
PAROLA DI MATADOR – Si scrive Cavani e però si legge anche leader: perché in quel bomber moderno che sa prendersi la squadra sulle spalle, portandosela a spasso in difesa e in attacco, attraverso galoppate di settanta metri che servono per garantire le coperture sui calci d’angolo nella propria area e poi assicurare le ripartenze feroci per inventarsi un assist, c’è la sintesi dell’atleta ideale ma pure della «guida» spirituale d’un Napoli che non deve indietreggiare mai, neanche prima che il match con il Pescara cominci: «Serve sempre la massima attenzione, chi viene al San Paolo prova a metterci in difficoltà andando ad occupare qualsiasi spazio: non esistono partite vinte in partenza».
BIANCO, NERO E TRICOLORE – Il riassunto delle puntate precedenti di quest’avvincente romanzone popolare è concentrato nelle riflessioni a tutto campo rese a raffica recentemente sul rapporto di forza con la Juventus, su quei due indizi che a modo di Cavani cominciano già a costituire una prova e che inducono all’ottimismo suo e di quella Napoli innamorata pazza del suo centravanti vecchia e nuova maniera: «Nella finale di Supercoppa, a Pechino, li abbiamo messi in difficoltà a lungo; e recentemente, quanto abbiamo perso a Torino, siamo stati sconfitti soltanto nel finale».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.