Il gigante all’orizzonte è il mostro sacro impossibile da profanare, ma tra le pieghe d’un biennio strepitoso, in quei numeri che nascondono l’anima d’un matad’or, c’è l’orgoglio autentico di chi avverte d’essere in prossimità d’un evento. La sagoma dominante per l’eternità di Diego Armando Maradona si staglia alla sommità d’un San Paolo perennemente avvolto in quel fascino seducente, ma la chioma fluente e l’espressione estatica di Edinson Cavani emerge ormai all’ombra di quel dio pagano e ad esso s’avvicina (statisticamente) e quasi l’affianca.
MENO DUE – L’aritmetica non è un’opinione ed è la somma che può colmare la differenza che separa Cavani dal Re indiscusso di Napoli: trentatré reti nella sua prima stagione, trentatré anche nella seconda, e adesso che Diego è distante «appena» quarantanove «autografi», al mattatore dell’ultimo biennio basterà (persino) mantenere un profilo più basso rispetto ai suoi precedenti per diventare il principe indiscusso del gol entro il 2013. La Storia dei bomber è già stata riscritta ed al protagonista nei sedici metri del Napoli di De Laurentiis sono stati sufficienti un paio di campionati per lanciarsi tra i primi dieci cannonieri di tutti i tempi: il nono posto attuale sa di provvisorietà assoluta, visto che Canè e Vinicio sono a quota settanta, che Savoldi è a settantasei.
EL DIEGO – Il totem è a centoquindici, mica uno scherzetto: però la magia di Cavani, la sua continuità di rendimento, l’affidabilità confermata pure in un torneo in cui s’è ritrovato – tanto in Italia, quanto all’estero – con le difese avversarie in assetto antisommossa, spingono a pensare che nulla sia impossibile. Maradona resta l’irraggiungibile divinità per generazioni intere, persino per chi non l’ha mai vissuto, e però questo Cavani, l’uomo delle undici doppiette e delle cinque triplette, ha già scavato un posto privilegiato negli affetti dei tifosi «contemporanei» ed ha parecchie chanches per consegnarsi ai posteri.
LO SHOW – Il romanzone in versi del Cavani partenopeo si rivela intrigante immediatamente, sin dal blitz in casa dell’Elfsborg, toccata e fuga con due gol e l’ammissione ai gironi di Europa League; ma in quel contenitore che racchiude le gesta d’un fenomeno assai poco normale e dunque specialissino c’è la traccia di un’equità che non fa sconti a nessuno, che ignora il ceto degi interlocutori, anzi predilige la nobiltà della Juventus e quella del Milan e della Lazio (tre reti a testa), che s’entusiasma dinnanzi alla Roma e all’Inter (due reti all’una e all’altra), che in Europa League sceglie il brivido (la rete del 3-3 in casa della Steaua al 51′, la rete dell’1-0 per la qualificazione sulla Steaua al 94′) oppure la classe sontuosa (come la volée alla Van Basten a Utrecht) o lo strapotere atletico (il contropiede schiacciante in casa del Manchester).
IL SENSO DELL’ESTETICA – Ci sono sessantasei Cavani e scegliere il più bello, in quell’album di ricordi, è faticoso: al matador, la perla in Olanda ha lasciato il segno; e però cosa dire del randellata dai trenta metri contro il Lecce, un destraccio mirato all’incrocio dei pali, che a tempo (quasi) scaduto trasforma un pari in vittoria o anche del colpo di testa in tuffo contro la Vecchia Signora al San Paolo? Ma pure i gol, nel loro piccolo, so’ piezz e cor…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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