La chiamano sfida infinita proprio perché non conosce confini. Non ha età e tantomeno stagioni: i 30mila del San Paolo cantano come se in campo ci fossero Cavani e Vucinic e non Insigne junior e Beltrame. E a dirla tutta esplodono letteralmente, vomitando rabbia e insulti, quando Padovan, dopo aver segnato il rigore dell’1-0 in mezzo a una cascata di fischi, esagera e corre a provocare faccia a faccia il pubblico con le mani dietro le orecchie. E Gerbaudo poi fa anche di peggio, con gesti volgari dopo il 2-1: espulso.
IL CERCHIO – La notte della finale al cospetto del presidente della Lega, Beretta, spettatore in tribuna con De Laurentiis e tanti giocatori tra cui Cavani e Hamsik, è stato l’ennesimo atto decisivo della stagione tra due club, due popoli, due modi di essere. Chiudendo il cerchio della lunga danza delle due società italiane più in voga del momento. Coreografia d’autore.
INNO JUVE – D’elite e passerella è anche la voce del San Paolo: i 30mila cantano senza sosta sin dal riscaldamento. E la storia che “chi non salta è bianconero” si fa seria quando parte anche l’inno della Juve. Equivoco o cavalleria? Fatto sta che la musica s’interrompe subito e comincia la sfida. In campo e in tribuna, senza pause.
L’ALTRO APRILE – E da amarcord è anche il ritorno in città di Marco Baroni, tecnico della Juve, ad aprile. Mese sempre particolare, per lui, se abbinato al San Paolo: il 29 aprile 1990, infatti, realizzò da difensore azzurro il gol dell’1-0 con la Lazio che valse il secondo scudetto. Ventitré anni dopo, comunque sia, ha visto un altro giorno napoletano da ricordare.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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