Seicentotrentacinque minuti (recuperi esclusi): ma voi l’avreste mai sospettato, all’85esimo di Parma-Napoli, nel bel mezzo d’un tornado di nome Edinson, novantatré reti in due anni e mezzo, ventisette delle quali nell’ultimo semestre, che a un certo punto sarebbe arrivata questa quiete dopo quella tempesta di gol? Ma va: e invece, seicentotrentacinque minuti a cercare el matador e la sua vena prolifica, il destro o il sinistro e magari un colpo di testa, e poi le doppiette, le triplette, persino le quaterne, un mostro capace da solo di far tremare chiunque. Il calcio è materia scivolosa, un paradosso in termini: e dal 27 gennaio in poi, d’incanto, Sua Maestà s’è inaridito ed ha smarrito l’ispirazione, andando a sbattere contro la Lazio e poi la Sampdoria, sul muro del Catania e su quello dell’Udinese, sulle mani di Buffon e, tra questi, rimanendo impigliato nelle ombre dell’Europa League.
Si scrive Cavani e si resta un po’ sbigottiti: perché in quel (capo)cannoniere che ha oscurato chiunque e arrivato in cima alla classifica dei bomber «italiani» con diciotto reti, c’è la versatilità del centravanti moderno e anche una elasticità atletica che sembra condurre al di là di qualsiasi impedimento.
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