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Cavani, il grande sogno e il tabù rigori

Il "Matador" vuole contro il Milan regalarsi una grande notte e riscattare la serata poco fortunata contro il Genoa

Cento di quei gol: che, a rivederli, lasciano il segno e poi inducono a giocarci assieme, sistemandoli in una personalissima classifica, andando a scovare – dentro di sé – le emozioni di quei giorni. Tre anni (circa) e una sequenza terrificante di prodezze in cui perdersi con gli occhi: si scrive Cavani e però si rilegge un bomber in tutta la sua espressione tecnica ed atletica, in quell’esuberanza che emerge dinnanzi al replay d’una memoria che tracima prodezze a getto continuo e che ora, toccata quota novantasette, insegue un (altro) traguardo solenne.

MENO TRE – La soglia è a un niente, tre passi appena sotto il cielo della centesima rete in azzurro: ma dopo averne fatte trentatré al primo giro e altrettanti al secondo, stavolta bisogna esagerare, spingersi oltre se se stesso, lasciare che Edinson Cavani batta Edinson Cavani prendendolo a pallate e dunque approdandone a trentaquattro autografi personali. Il campionato è agli sgoccioli ma sette partite tornano utili e potrebbero servire per demolire l’ennesimo muro: è un mini-mini torneo per sublimare il triennio, per marchiarlo a fuoco con numeri da stella autentica.
QUELLA VOLTA – Do you remember? E’ Milan-Napoli, la partita dell’anno e pure quella che nei revival diviene la prova provata d’una maturità (da cannoniere) indiscutibile: stadio San Paolo, è vero, ma il diavolo ci aveva già messo la coda (con Aquilani), rendendo la nottata complicata. Ma a farla passare, chiaramente, provvide Sua Maestà el matador: una, due, tre reti, tanto per ribadire un concetto a lui caro, tanto per non perdere il vizio di accanirsi contro le grandi, tanto per cominciare ad avvicinare Maradona, distante ancora parecchio però perlomeno «riconoscibile» all’orizzonte. «Voglio lasciare un segno….».
RE E PRINCIPE – Milan o Napoli per il secondo posto ma anche Cavani o El Shaarawy (con il solito, eterno, amabile intruso ch’è Totò Di Natale): per ora, quattro punti in più in classifica e sei reti che separano l’attuale re del gol dal piccolo principe rossonero, ma pure questo è un match (a distanza) da apprezzare in tutto il suo splendore.
BLACK OUT – E però il peggio è passato e di quel bimestre (circa) in bianco non è rimasto praticamente nulla: il digiuno è stato interrotto due settimane fa, a Torino, con una nuova doppietta e la dimostrazione lampante d’uno stato di forma apprezzabile, per nulla oscurato (se non statisticamente) dalla prestazione con il Genoa, infarcita di qualche errore (uno dal dischetto) e da una serie di capolavori di Frey. Cavani c’è e osserva il tetto dei cento gol con la maglia del Napoli, di staccare Altafini per restare da solo al quarto posto tra i cannonieri di tutti i tempi, di mettersi nella scia di Vojak (che è a centotré). San Siro è una tappa e a fare il tifo sono arrivati «rinforzi» dall’Uruguay: i fratelli Nando e Christian, per cominciare, poi Gabriel, l’amico di sempre.
TENDENZA – Il metodo Cavani s’è svelato in maniera prepotente nel primo quadrimeste stagionale, quello che ha condotto da agosto a dicembre, quello che gli è valso (pensate un po’) l’etichetta di cannibale: perché partendo da Pechino ed arrivando a Siena, l’ultima gara ufficiale del 2012, el matad’or è stato capace di segnare (addirittura) ventiquattro reti, viaggiando con la media «disumana» d’un gol a partite. Poi quel marziano è sceso tra i terrestri, ha rallentamento ed il suo percorso è divenuto «normalissimo». Sette gol da gennaio ad oggi, con una tripletta alla Roma e una doppietta al Torino, con quella tendenza abituale a stupire.
LA STAR INFASTIDITA – E però qualcosa è cambiata nella sua vita (extracalcistica), finita all’improvviso sotto la lente d’ingrandimento del «gossip» e divenuta elemento «prezioso» da parte dei «paparazzi» alla ricerca di una espressione o anche di un fotogramma utile: l’allergia alla sovraesposizione resiste nell’uomo ed il Cavani goleador s’è travestito in un difensore accanito della propria privacy. L’unico tormento (assieme ai sei rigori sbagliati sui tredici segnati, altrimenti pensate un po’ dove sarebbe già arrivato) in una stagione da estasi del bomber.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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