Quante volte, Edi… Le ottanta reti che hanno cambiato il Napoli sono post it della memoria, una sventagliata d’immagini che accecano: e in quel film, un kolossal, che da due anni va in scena ovunque, in Italia e all’estero, in campionato, in coppa Italia, in Champions, in Supercoppa o in Champions League, il diavolo che ci mette sistematicamente la coda è un fenomeno con pochi eguali, un bomber bionico d’amare perdutamente per chi ha il football nelle vene. Da Cavani a Cavani – e quindi dall’Elfsborg al Milan – c’è una produzione industriale di capolavori, poker d’un asso incorreggibile (al Dnipro), sei triplette per grandi e piccine (una già al Milan, ma una anche alla Juventus e due alla Lazio, e una all’Utrecht e una alla Samp), un’enormità di doppiette che ormai neppure si contano (sono undici, ma che fa) e poi volée, tap in, finte, cucchiai e un marchio di fabbrica che abbraccia l’intero vocabolario dell’attaccante, senza (quasi) mai commettere un errore di sintassi.
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