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Cavani: gol a ritmo folle come Maradona

Numeri impressionanti per il "Matador" con la maglia azzurra

Come lui non c’è nessuno: e in questo volatone di fine anno, la tappa intermedia che poi condurrà a maggio ed inevitabilmente alla gloria, il Cavani da scudetto è una certezza da lanciare come sfida a chi sta leggermente avanti ed impercettibilmente alle spalle, alla Juventus e all’Inter, ma anche ad El Shaarawy ed a quell’universo abitato dai goleador. Ma chi ce l’ha un bomber del genere, diciassette reti in altrettante partite, una quaterna (all’Aik), una tripletta (alla Lazio e persino con rigore sbagliato), una doppietta (per non negarsi nulla, al Pescara) e reti sparse qua e là, alle grandi (alla Juventus, nella finale di Supercoppa a Pechino) ed alle piccine?

LO SHOW – Il bomber che t’aspetti, dopo quell’abbuffata del biennio partenopeo, due volte trentatré reti a dimostrazione di stare benone e anzi benissimo, stavolta ha deciso di esagerare, di andare al di là di se stesso, di prendersi terribilmente sul serio, di battere Cavani in una sfida che sembrava impossibile e che invece rappresenta l’ennesima prova di forza con le statistiche: raccontano i numeri, che nel loro genere non mentono mai, d’un matador implacabile, capace di abbattere qualsiasi frontiera, di scoprire l’ebbrezza in maniera sistematica, giocando di meno e però segnando persino di più: due anni fa, pur avendo nel curriculum vitae già sette gare, s’era fermato (si fa per dire) a quota sei; e stavolta, girellando per l’Europa e un pochino anche a Pechino, dunque dal nido d’uccello al san Paolo in Ucraina e in Svezia, è già approdato a sette personali meraviglie.
IN CASA – Fuorigrotta (chiaramente) è la sua terra, la fonte d’ispirazione principale, un giardino nel quale cogliere quadrifogli – come contro gli svedesi dell’Aik – e di lasciar fiorire i sogni – come nella serata con la Lazio, tre gol ed una prestazione sontuosa. Ma, nel dettaglio, sono undici reti, ed una frequenza che s’è trasformata in rito, una forma di «cannibalismo» che s’è impadronito della scena ad oltranza, fugando persino i dubbi sulla necessità di andare a cercare un suo vice in quel mercato ormai alle porte: «Non ce n’è assolutamente bisogno, perché io voglio giocare sempre e voglio segnare sempre». 

IN TRASFERTA – E però se qualcuno dovesse pensare che nell’uomo ci sia qualche (piccolissima) imperfezione, l’almanacco soccorre sovrano per rimuovere le perplessità: la stagione comincia a Pechino, andando in contropiede contro Madame; e poi continua alla «Favorita» di Palermo, rete senza esultanza, per rispetto; ma anche un rigore al 93’, nel gelo di Stoccolma, con la qualificazione appesa a quella freddezza dimostrata dal dischetto e utile per portare a casa i sedicesimi. In campionato, situazione mica semplice a Marassi, per due volte: nella prima, per schiodare lo 0-0 con la Sampdoria serve Cavani dagli undici metri; nella seconda, per ribaltare lo svantaggio con il Genoa, riecco el matador che prima fa il 2-2 e poi lancia Insigne per chiuderla (e condisce di un assist la sua prestazione).

VOGLIA DI DIEGO – Ottantatré volte Cavani, che nella classifica dei goleador azzurri di tutti i tempi significa sesto posto, ad appena tredici «graffi» da Antonio Careca, a trentadue da sua Maestà il calcio, verso il quale el matador nutre ammirazione ed al quale comunque dà (rispettosamente) la caccia: «Mi piacerebbe batterlo, anche se non sono venuto qua per questo, ma per lasciare un segno nella storia» . Da Cavani a Cavani è (quasi) un triennio irresistibile, avviato a Boras con una doppietta (e come sennò?) e poi proseguito a suon di conquiste: subito (al primo colpo) la qualificazione in Champions League; poi (al secondo colpo) la vittoria della Coppa Italia; ed ora (lui c’è per battere il terzo colpo), indovinate un po’ cosa stia inseguendo l’uomo dei sogni di Napoli?
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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