Non c’è cifra per Cavani. Ridicola la proposta della Juventus: 15 milioni più Matri (55 gol negli ultimi cinque anni a fronte delle 83 reti di Cavani in Italia). Ridicola qualsiasi proposta. Il Napoli deve tenere il Matador se vuole ancora puntare in alto. Ha già perso Lavezzi e i tenori passano a due. La squadra va rinforzata e Mazzarri chiede due topplayer. Uno sicuramente per la difesa, un leader del reparto arretrato, giocatore di esperienza, qualità e carisma. È la difesa il reparto da potenziare. A centrocampo c’è bisogno di un giocatore di forza e di qualità. E, per gli esterni, bisogna ringiovanire. Ma Cavani non si tocca. Il Napoli può volare ancora col cavallo alato, il goleador atleta di Cristo, capelli al vento e vento nelle caviglie, centravanti a tutto campo, cannoniere di grazia e di potenza.
CANNONIERE SUPER IN ITALIA Cavani è da cinque anni in Italia. È il quarto cannoniere più prolifico delle ultime cinque stagioni (83 gol) dopo Di Natale (109), Ibrahimovic (100) e Milito (90). Ma è il più giovane di tutti. Cavani ha 25 anni, Ibrahimovic 31, Milito 33, Di Natale 35. Il Matador è già nell’albo d’oro dei migliori goleador del Napoli. Ha superato Amadei (47 reti) e, con 49 centri in maglia azzurra, Cavani è a tre lunghezze da Jeppson e a sei da Savoldi. Con i 26 gol dell’anno scorso ha battuto il record di Vojak che, in una stagione, realizzò 22 reti (1932-33), primato eguagliato da Schwoch nel 1999-00 ma in serie B. Nessun attaccante, nei primi due anni in maglia azzurra, ha segnato tanti gol quanto Cavani. Vojak realizzò 40 gol, Jeppson e Vinicio 34, Careca 32, Altafini e Savoldi 30, Clerici 29. Nella classifica di tutti i tempi, Cavani è il nono cannoniere azzurro dopo Sallustro (104 gol), Vojak (102), Maradona (81), Careca (73), Altafini (71), Vinicio (69), Savoldi (55), Jeppson (52). Ma il Matador è solo all’inizio della sua carriera nel Napoli. Gli altri hanno giocato a lungo in maglia azzurra: 262 partite Sallustro, 189 Vojak, 188 Maradona, 164 Careca, 180 Altafini, 152 Vinicio, 118 Savoldi, 112 Jeppson, mentre le partite di Cavani in campionato sono 70. Mantenendo la sua strepitosa media realizzativa, il Matador nelle prossime due stagioni nel Napoli potrebbe piazzarsi al terzo posto dei cannonieri azzurri d’ogni tempo dopo Sallustro e Vojak. Sarebbe una follia cederlo anche se si presentasse uno sceicco con cento pozzi di petrolio o un oligarca russo con sacchi di rubli. Centravanti moderno, mobile, altruista, pronto ad accorrere anche in difesa, Cavani è un pezzo raro nella galleria dei goleador.
GOL MADE IN URUGUAY Curiosa coincidenza: l’ultimo grande cannoniere azzurro è stato un altro uruguayano, Daniel Fonseca, paragonato a Roger Rab bit per i suoi dentoni, 16 reti nel campionato 1992–93, 15 nel torneo successivo. Da un campione all’altro, il gol “parla” uruguayano nel Napoli di questi ultimi anni. Citando a memoria, il primo attaccante uruguagio del Napoli fu Roberto La Paz, mulatto di una cittadina del sud dell’Uruguay, Canelones, un matto di quasi due metri, collezionista di orologi, infaticabile corteggiatore di ragazze, primo giocatore di colore del campionato italiano. Lo chiusero a chiave in una stanza della Palazzina Rossa del Vomero, dove il Napoli aveva sede dopo la guerra, ma lui si calava con una fune dalla finestra per andare a caccia di gonnelle. Aveva 28 anni, braccia e gambe lunghissime. Suo mestiere accertato: conduttore di camion. Lasciò il lieve segno di sei gol e se ne andò a Marsiglia a fare lo scaricatore di porto. Un altro uruguayano che viene in mente è Marcelo Zalayeta, il cammellone di Montevideo, due anni nel Napoli, 12 gol, centravanti sornione dalla zampata vellutata, attaccante di scorta al Pampa Sosa. Una sola volta il Napoli ha piazzato un suo giocatore in vetta ai goleador: Maradona, 15 reti, capocannoniere del torneo 1987-88. Oggi, lassù dove crepitano i gol, la concorrenza è agguerrita: Milito (183 gol negli ultimi dieci anni), Ibrahimovic (156), Di Natale (153), Totti (141), Gilardino (138), Di Vaio (114), Miccoli (109). Cavani, con 92 gol in carriera in sette anni, è già proiettato a farsi largo fra i maggiori cannonieri del campionato italiano.
MIELE E CASTAGNE PER UN GOL Teniamoci stretto il cavallo alato, un goleador e un ragazzo d’oro. È nato a Salto, centomila abitanti, nel nord dell’Uruguay sulla riva orientale del fiume omonimo, il fiume degli uccelli colorati che è la traduzione dal guaranì del nome Uruguay. è del segno dell’Aquario (14 febbraio 1987, l’anno in cui stavamo per vincere il primo scudetto), come Eusebio, Gabriel Batistuta e Roberto Baggio. Cavani era soprannominato “el botija”, il ragazzino, per il fisico esile e la faccia da bambino. La sua culla calcistica è stato il Danubio, club di Montevideo, in prima squadra nel 2006, a diciannove anni. Acquistato dal Palermo nel gennaio 2007 ha debuttato in serie A contro la Fiorentina, subito in gol con uno straordinario tiro a volo (identico esordio nel Napoli con gol ai viola). A vent’anni, il 7 febbraio 2008, ha esordito in nazionale segnando un gol. Ha fatto parte della spedizione uruguayana ai Mondiali in Sudafrica del 2010, imponendosi fra i migliori giocatori del torneo. Pallone d’oro uruguayano nel 2007. Il Napoli l’ha acquistato dal Palermo per la cifra complessiva di 18 milioni di euro, pagamento in quattro anni. Irrobustitosi e con una capigliatura cinematografica, De Laurentiis lo paragona all’attore inglese Orlando Bloom, protagonista del film “Pirati dei Caraibi”. Il Matador, come viene chiamato, è diventato l’idolo del “San Paolo”. Anche suo padre giocava al calcio ed era soprannominato El Gringo. Dalla moglie Maria Soledad ha avuto un bambino, Bautista, nato a Napoli nel marzo dell’anno scorso. Legge la Bibbia tutte le sere da quando, a Montevideo, un compagno di squadra, Cesar Gonzalez, lo avvicinò alla Chiesa evangelica pentecostale. A Napoli ha ritrovato il connazionale Gargano con cui aveva giocato nelle giovanili del Danubio. Per il primo gol col Napoli a Firenze segnato al sesto minuto, il gol più veloce di quel campionato (ma la palla non era entrata), ricevette il singolare premio di cento chili di miele e cento di castagne. Per il maggior bottino stagionale dei gol (26 l’anno scorso e ancora 23 quest’anno), precede tutti gli attaccanti che hanno fatto la storia del Napoli: l’istriano Vojak (22 reti nel torneo 1932-33), Jeppson (20 nel campionato 1953- 54), Vinicio (21 gol nel 1957-58), Altafini (16 nel 1966-67), Clerici (15 nel 1973-74), Savoldi (16 due volte nel ’77 e nel ’78), Careca (19 nel 1988-89), Fonseca (16 nel 1992- 93). In confronto ai migliori goleador stranieri del Napoli (Maradona 81 reti, Careca 73, Altafini 71, Vinicio 69, Jeppson 52, Cavani 49, Clerici 29), cinque sono i centravanti italiani più prolifici in maglia azzurra: Sallustro 104 gol, Savoldi 55, Amadei 47, Di Giacomo 32, Giordano 23.
I CANNONIERI NAPOLETANI Attila Sallustro, definito “il veltro” per la sua velocità, cannoniere sopraffino, è stato il primo idolo calcistico a Napoli. Il lunedì dopo le partite, la folla dei tifosi si riuniva sotto la sua abitazione in via Filangieri reclamandolo a gran voce. Attila è stato il primo asso del Napoli, napoletano pur essendo nato ad Asuncion, in Paraguay, ma di famiglia napoletana (il padre, farmacista, era emigrato). Ventidue anni dopo Sallustro, spuntò nel Napoli un centravanti biondo come il “veltro”. Era un ragazzo di Posillipo. A 14 anni, frequentando un collegio di Benevento, aveva scritto al Napoli: voleva giocare in maglia azzurra. Lo accolsero nelle giovanili Lambiase, appassionato talent scout, e De Manes, un maestro per i giovani giocatori. Il Napoli di quei tempi, diciamo il 1959, aveva fior di centravanti, Vinicio, Di Giacomo, Manuel Del Vecchio, ma la squadra funzionava poco. Veleni di spogliatoio. Un domenica, a Bari, 1 maggio 1960, il biondino di Posillipo apparve in prima squadra. Aveva ventidue anni, Guido Postiglione, primo centravanti napoletano dopo Sallustro. Quel giorno Vinicio non giocò e a Guido toccò la maglia numero 9 in un attacco completato da Di Giacomo, Vitali, Pesaola e Gasparini. La domenica successiva, Postiglione esordì al “San Paolo” inaugurato sei mesi prima. Giocò tutte le sei ultime partite di quel campionato. Segnò in due partite vittoriose. Contro il Bologna (2-0) siglando il primo gol e a Padova (2-1) segnando ancora per primo, raddoppio di Vinicio. Col brasiliano in squadra, Postiglione gli cedette la maglia numero 9 spostandosi a mezz’ala destra.
IL BIONDINO DI POSILLIPO Partì Vinicio. “Vendetevi l’anima, ma non Vinicio” fu lo striscione dei tifosi al “San Paolo”, ma la “guerra” di Amadei a Luis (e a Pesaola) ne provocò la cessione. Postiglione rimase in una squadra confusa che doveva vincere lo scudetto (con Gratton e Pivatelli), ma retrocesse. Guido giocò 11 partite segnando un gol a Torino contro la Juventus (2-2). Il Napoli in pieno caos non poteva coccolarsi un giovane centravanti di casa, accompagnarne i progressi, farlo maturare e ricavarne l’eccellente attaccante che Postiglione prometteva di essere. Fu ceduto al Verona, giocò nel Bari, giocò col Palermo. Nostalgia e rivincita lontano da Napoli. Alla “Favorita” gli azzurri ci lasciarono le penne (0-4) fallendo in serie B la stagione della promozione. A Pontel due gol li segnò proprio Postiglione con la maglia rosanero. Due anni dopo (’65-’66) fece ritorno a Napoli nella squadra di Altafini e Sivori, il petisso in panchina. Poco spazio, sei partite e nessun gol. Le vicende del calcio vanno così. Il Napoli perse l’occasione di lanciare un campione di casa. Troppo esile, si disse. Poteva essere una bella storia. Ma la confusione societaria di quei tempi non consentiva belle storie.
LA CLASSE DI MUSELLA Di classe infinita è stato Gaetano “Nino” Musella, nato nello stesso anno di Maradona. Abitava al quarto piano di un palazzo di fronte al “San Paolo”. In casa, con una palla di carta, dribblava sedie e tavolini. Papà Vitale lo portava a vedere il Napoli di Sivori e Altafini, in curva. Si inventò una squadra, la Real Cumana, regina dei tornei di strada, per esserne il giovanissimo asso a 12 anni. Un compagno lo spinse a fare un provino per il Napoli. Nino divenne un “pulcino” azzurro, 5mila lire al mese di rimborso spese. In un campionato provinciale fece 28 gol. Giovanni Lambiase, dall’intuito infallibile nello scovare e curare campioncini, lo costrinse a giocare terzino perché non facesse lo spavaldo in attacco e imparasse a soffrire marcando l’avversario. Di Marzio, nel 1977, lo fece debuttare in serie A, a 18 anni, una sola partita. Fu mandato a “farsi le ossa” a Padova in serie C. Tornò e giocò quattro campionati con la maglia azzurra (72 partite e 8 gol). Aveva un gran talento Nino Musella, ma era troppo un bel ragazzo per dedicarsi tutto al calcio. Nel 1980-81, allenatore Marchesi, siglò il suo primo gol in maglia azzurra, su rigore contro il Catanzaro. Giocò l’intero torneo e andò altre quattro volte a segno, due volte decisivo. Firmò l’1-0 di Firenze e ripeté l’impresa sul campo del Torino (1-0). C’era Krol. Il Napoli vinse a Brescia (2-1). Musella segnò il primo gol, l’olandese il secondo. I giornali dedicarono tutta l’attenzione alla prodezza di Krol. Nino ci rimase male. Stava giocando proprio bene, ma per i ragazzi di casa nostra era sempre difficile fare breccia. Il cannoniere di quegli anni era Claudio Pellegrini (33 gol in 117 partite). Partiva sui lanci di Krol e andava a segnare in contropiede. Attaccante essenziale. Il Napoli sfiorò lo scudetto. Musella aveva un tecnica ammirevole, ma era un discolo. “Se mi fossi sacrificato per il calcio sarei diventato un campione”. Era vero. Giocavano nel Napoli altri ragazzi di casa nostra. Peppeniello Massa era una piccola ala ficcante, soprannominato tric-trac per i suoi scatti. Pasqualino Casale, promettente mezz’ala di talento, esordì in serie A a 17 anni. Antonio Capone era di Salerno, attaccante di temperamento. Nel campionato ’81-’82, Musella fece un fantastico gol all’Inter sotto le grinfie di Burgnich. Sembrò il momento della consacrazione. Invece, fu ceduto al Catanzaro e la favola di Musella nel Napoli finì, a 22 anni.
BAIANO E FLORO FLORES Centravanti napoletani ebbero vita breve in maglia azzurra. Francesco “Ciccio” Baiano è stato un pupillo di Maradona. Figlio di un barbiere la cui bottega affacciava davanti allo stadio “San Paolo”, Bianchi lo fece esordire in Coppa Italia a 17 anni e poi in campionato al posto di Caffarelli che si infortunò a Genova (Sampdoria-Napoli 0-2). Quattro partite in campionato a miccia spenta. In prestito all’Empoli, Baiano rientrò nel Napoli campione d’Italia (’97-’88) e visse una notte indimenticabile a Madrid contro il Real in Coppa dei campioni giocando gli ultimi 12 minuti al posto di Giordano. Andò a giocare a Parma, Empoli, Avellino ed “esplose” a Foggia (38 gol) nel tridente di Zeman con Rambaudi e Signori. Giocò a lungo nella Fiorentina (29 gol) vincendo Coppa Italia e Supercoppa italiana. Nicola Caccia di Castello di Cisterna, gran cannoniere con Ancona e Piacenza, approdò al Napoli nel torneo ’96-’97, sette gol in 33 partite. Ebbe migliore fortuna a Bergamo: 40 gol in 101 partite. Un campione sfuggito al Napoli è stato Antonio Floro Flores. Scoperto da Montefusco nel Posillipo, cresciuto nelle giovanili azzurre, a 18 anni debuttò in serie A. Chiuso via via da Amoruso, Dionigi, Stellone, trovò finalmente spazio nel campionato 2002-03 in serie B, ma segnò appena due reti in 32 partite. Il Napoli viveva stagioni convulse. Nessuno seppe aspettare che il ragazzo del Rione Traiano maturasse, una costante nel Napoli con i giovani di casa. L’Udinese ne ha fatto un magnifico attaccante. Non ha avuto fortuna, e forse non se l’è saputo meritare, Fabio Quagliarella in maglia azzurra. Il goleador stabiese di forza e di fantasia, cannoniere di stelle filanti, inventore di gol impossibili, è durato poco nel Napoli (34 partite, 11 gol) per andarsene alla Juventus. LORENZO IL MAGNIFICO Ora un altro attaccante di casa nostra sta venendo fuori. è Lorenzo Insigne, 21 anni, protagonista nel Pescara di Zeman, 18 gol in 36 partite (ne aveva fatto 19 nel Foggia l’anno prima, sempre con Zeman). Esterno sinistro micidiale per velocità e fiuto della rete. Confeziona gol di pregio assoluto. Brillano i suoi arcobaleni che vanno a spegnersi nell’angolo alto opposto dei portieri. Smania per la maglia azzurra che ha vestito una sola volta, cresciuto nel settore giovanile del Napoli. Fu il suo debutto in serie A il 24 gennaio 2010 in Livorno-Napoli 0-2: subentrò a German Denis nei minuti finali della partita. Lorenzo il Magnifico è un ragazzo di Frattamaggiore, famosa per la sezione arbitrale che ha avuto un gran paladino in Arcangelo Pezzella (arbitro negli anni ’70 e ’80, fischietto internazionale nel ’90). Lorenzo ha un fratello, Roberto, che gioca nelle giovanili azzurre. Nel suo cuore e nei suoi sogni c’è il Napoli. Ha già conquistato De Laurentiis che lo vorrebbe subito in maglia azzurra (il cartellino del giocatore è di proprietà del Napoli, in prestito al Pescara) a patto però che giochi titolare. Bisognerà sentire il parere di Mazzarri e capire qual è il programma tecnico di potenziamento del prossimo Napoli. Lorenzo Insigne è là che freme, pronto a far meglio di tutti gli attaccanti napoletani che l’hanno preceduto in maglia azzurra. In tandem con Cavani? Sarebbe il massimo.
Fonte: Il Roma
La Redazione
M.V.
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