Sette gol in nove partite di campionato, quasi la metà delle reti realizzate sinora dalla squadra (sedici). Sul fatto che Edinson Cavani sia decisivo non ci sono dubbi, ma forse la sua presenza comincia ad essere fin troppo decisiva nel senso che o ci pensa lui a mettere le cose a posto (e domenica c’era anche riuscito ma poi avrebbe dovuto replicare e a disposizione aveva pochissimo tempo) o il Napoli resta fermo in una terra di nessuno che regala piccole delusioni (come la sconfitta con l’Atalanta o la sofferta vittoria sul Chievo). E’ normale che i destini di una squadra siano legati al giocatore migliore e all’attaccante più prolifico; ma questa normalità si trasforma in una debolezza nel momento in cui non si riescono a creare le condizioni per colmare i vuoti lasciati dal giocatore in questione. Perché può capitare che un infortunio lo fermi o che in una partita non riesca a esprimere il meglio. Non si tratta di guarire dalla Cavani-dipendenza ma di mettere il Napoli nelle condizioni di non annaspare quando Cavani non c’è. L’uruguaiano ormai fa tutto: segna e poi corre in difesa a difendere il gol che ha realizzato soprattutto sulle palle inattive (tallone d’Achille della squadra). Lo scorso anno, Edinson divideva in parte questa responsabilità con Lavezzi e Hamsik. Ora può dividerla solo con Hamsik anche perché Pandev va a corrente alternata. De Laurentiis confidava nell’esplosione di Vargas che, però, non ha le stimmate del fuoriclasse (almeno per ora). Insigne è troppo giovane. E così le uniche spalle ampie e solide su cui il Napoli può inerpicarsi sono quelle di Cavani ma è un peso che l’uruguaiano non può sostenere per una stagione intera, garantendo un livello di rendimento sempre alto e sempre costante.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
