Toglietegli tutto, ma non il suo top player: e mentre intorno c’è il vuoto pneumatico d’una gara sostanzialmente superflua, il re si prende il pallone, lo rimette al centro dei propri pensieri e scalda i muscoli e il cuore d’una Napoli incredula. Cavani c’è e lotta anche per loro, per prendersi (possibilmente) tutto ciò che si può conquistare, per tentare di starsene in cima alla classifica dei cannonieri, per “allenarsi” in vista dell’Inter e continuare ad inseguire la Juventus, per dare un senso ad una sfida altrimenti monca, per esibire attraverso quel sì la propria leadership. «Inutile cercare un vice-Cavani: io ho voglia di giocare sempre, perché voglio segnare sempre» . E’ Napoli-Psv, l’ultima d’un girone ormai blindato nell’aritmetica, una serata di freddo che sarebbe sconsigliata a chiunque, men che meno a quel “cannibale” del Terzo Millennio che con ottantré reti segnate in appena due anni e quattro mesi s’è messo in testa l’ennesima idea fantastica e non l’ha neppure nascosta: «Sarebbe bello battere Diego, ma io sono qua per altro: perché voglio lasciare un segno nella storia del club».
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