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Cavani da leggenda, Napoli può sognare

Il "Matador" stende da solo l'intero Dnipro

L’uomo dei sogni, piccoli o grandi che siano, italiani e internazionali, è un fenomeno paranormale baciato dagli dei e in quel talento baciato straordinario che attraversa il San Paolo, c’è l’essenza del calcio moderno, la sua assoluta bellezza, il senso pieno dell’estetica. Si scrive Cavani ma si legge in tutte le lingue del football: e in una notte in cui si resta incantati a guardar quella stella, si scopre la perfidia e il cinismo, la classe pura e l’istinto «animalesco», la voracità offensiva e l’altruismo difensivo, un cocktail esplosivo che trascina il Napoli al di là della sua crisi d’identità e gli riconsegna «mezzo» passaporto per l’Europa League, ma soprattutto una serenità interiore che squarcia nuovi orizzonti.

POKER – E’ Cavani 4, Dnipro 2, in una sfida per cuori forti, con un’altalena d’emozioni da lasciare stecchiti e ombre minacciose prese a pallonate da un fuoriclasse vero, un leader nei fatti che quando il gioco si fa duro, e pure durissimo, si mette a giocare con Hamsik e con Insigne o anche da sé e sgretola il malessere intestino d’un Napoli risorto. E’ uno show in piena regola, che racchiude un campionario d’invenzioni, mescola il tap in con la punizione alla Diego (eh sì) dal limite area e poi, quando gli vengono i quindici minuti, ribalta l’umore d’uno stadio, il destino d’una qualificazione, mica solo una partita.
CHE SPRECO – Il «vero» Napoli sceglie le maniere forti e mostra subito i muscoli, andando a sballottare il Dnipro di slancio, sistemandolo nell’angolo, prendendolo a sberle e lasciando «annusare» nell’aria (rinfrescata) del san Paolo una serata diversa sin dal fischio d’avvio. E’ merito di quella pressione sulla trequarti che concede immediatamente la palla giusta per l’uomo giusto appena al 7′: verticalizzazione immediata da Inler a Dzemaili e poi, d’esterno destro, per Cavani, che è alle spalle d’un approssimativo Odibe proprio per andare a chiudere con il collo-interno. Il calcio è mistero e, pur con una massiccia dose di turn-over, quel Napoli che governa il campo e lo occupa in lungo e in largo è la bella copia della squadra uscita demoralizzata dall’1-1 con il Torino: domina Inler, un gigante, e Dzemaili fa l’Hamsik con assoluta dignità, mentre Dossena s’accorge che la sorte è una nemica occulta (10′: stranissima carambola aerea, che finisce ad un palmo e 16′ destro in complessa coordinazione alta di due dita). Nel monologo del Napoli, s’inserisce il Dnipro per una randellata di Kankava (18′), unica vocina fuori da un coro in perfetto slang partenopeo: da Inler a Mesto, sempre sulla dorsale destra, e sul primo palo per Vargas (19′).
ROTAZIONE – Juande Ramos ha ben chiaro quel che deve fare e per scuotere quella squadra estranea alla partita decide di dare slancio alle proprie direttive: 4-4-1-1 in fase di non possesso, poi 4-2-3-1 per attaccare. L’equilibrio risorge spontaneo e la manovra ucraina è più sciolta, mentre il Napoli sta arretrando, forse per tirare il fiato. Ma il pericolo corre nell’area, maledizione, su qualche spiovente e il terzo corner, tanto per (non) cambiare, diviene indigesto: pallone nel mucchio, dal quale, statuario, si erge Odibe, bravo davvero nella circostanza, che trova la deviazione-assist per Fedetskly e per l’1-1.
CHOC – Le streghe stanno ricominciare a danzare sul San Paolo e la ripresa mostra un Dnipro che si lascia dondolare dall’inerzia, che s’affida ai santi protettori (colpo di testa di Fernandez fuori di niente al 4′) e che sulla prima ripartenza, dopo una palla persa da Vargas, consente a Zozulya di provarci: è un sinistro tagliente ma mica tanto, sul quale Rosati oppone pugni morbidissimi, per un 1-2 che sa di condanna europea. Mazzarri interviene sul copione, infila Hamsik e Insigne, poi Pandev, difesa a quattro, tridente, assalto corale, magari con idee dense di nevrosi. E’ audcae Insigne (22′), ribattuto e Mesto non ha amici in Paradiso (23′, fuori di un capello). Il Dnipro giochicchia, si lascia cullare da Rotan, non indietreggia e non intuisce che ci sono uomini capaci di risorgere dalle tenebre, di dipingere nell’oscurità. La parabola che Cavani disegna (32′) è da manuale del calcio per tutte le epoche e quel 2-2 è energia vitale, un sorso di felicità da assaporare appieno, collettivamente, attraverso la giocata nello stretto avviata da un colpo di tacco sontuoso d’Insigne, proseguita dall’assist di Hamsik, chiusa dal destro di Cavani ch’è 3-2 ma non ancora l’estasi assoluta. Perché mentre il San Paolo si sta stropicciando gli occhi, su una leggerezza della difesa ucraina, il Matador decide di non negarsi nulla, di controllare un pallone «sporco» e spedirlo in quell’angolo in cui è racchiusa la gioia più sfrenata e la domanda più intrigante: quanti, al mondo, come lui?
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.

 

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