Cavani da Bergessio, super sfida latina

Il bomber uruguaiano sfida la colonia argentina del Catania

Ditelo in castigliano o anche in portoghese; ditelo a modo loro: c’è Catania-Napoli, vamos a ganar. E’ una danza lieve, forse con un briciolo di saudade: ma è calcio allo stato puro, estrapolato dal SudAmerica, tra l’Argentina e il Brasile, tra l’Uruguay e il Cile, tra la Colombia e la fantasia accecante di popoli che sanno come s’addomestica un pallone e come si scatena la fantasia collettiva. E’ Catania-Napoli ed è una Torre di Babele in cui c’è l’estro e la genialità allo stato puro, il senso pieno dell’estetica e la potenza fisica: c’è un campo e dentro l’essenza pura d’uno sport che vive e fa vivere di passioni brucianti, terre in cui – direbbe Soriano – è lecito «pensare con i piedi» . Ci sono portieri e difensori, centrocampisti ed attaccanti, mezze ali e tornanti vecchio stampo, titolarissimi e riservissime, culture teoricamente lontane e praticamente così vicine: ci sono il Catania e il Napoli, filosofie «aziendali» simili ed una curiosità e un desiderio di scoprire un mondo, quel mondo, che avvinghia e allinea, la seduzione delle coscienze calcistiche affidata al talento, alle magìe dei nipotini di Diego.

ALLINEATI E «SCOPERTI» – Il prepartita finisce 11-7 per il Catania, che sul tandem Pulvirenti-Lo Monaco ha costruito uno dei miracoli della provincia calcistica italiana, andando a raschiare il fondo del SudAmerica, attraversando sentieri inesplorati, rischiando, credendoci, resistendo, insistendo: e oggi dalla A di Andujar alla S di Spolli, c’è una squadra che ha saputo reagire alla cessione di Maxi Lopez, che ha dieci argentini ed un uruguyano con i quali inseguire l’ennesimo exploit, la salvezza. Ma progetto è anche altro: è un Centro Sportivo all’avanguardia, la struttura portante per crescere e anche il biglietto da visita da mostrare a chi atterra da laggiù e scopre d’essere piombato in una realtà affascinante. Catania 11, Napoli 7: è un match per modo di dire, perché tra le pieghe di questo braccio di ferro, c’è la convergenza parallela – pur con obiettivi inevitabilmente differenti – per riuscire ad emergere con il proprio stile di vita.

LA RISPOSTA – E però, e lo dice la storia del calcio e quella d’un club che si specchia e continuerà a farlo ad oltranza in un settennato per certi versi irripetibili, si scrive Napoli ma si legge anche Buenos Aires, addirittura ben prima dell’84: però adesso, dopo l’era-Lavezzi griffata, è il momento dei Cavani e dei Campagnaro, dei Vargas e degli Uvini, di una lungimiranza che avviata da De Laurentiis con Pierpaolo Marino e Reja s’è sviluppata sino a «inseguire» lo scudetto con Mazzarri e Bigon, con la continuità di un profilo «diverso» e però sistematicamente elevatissimo, certificato dalle qualificazioni europee, dalla vittoria della Coppa Italia.
LA STRATEGIA – Ma poi, riletto in italiano, Catania-Napoli non prescinde dal risultato, dalla necessità di far punti per dar concretezza alle proprie aspirazioni, d’arrivare dal quart’ultimo posto in su per Maran attraverso il proprio 4-3-3 un po’ impuro, a trazione anteriore (controllata); e di ergersi a protagonista dell’elite nostrana per Mazzarri, ribadendo la convinzione nel proprio credo, la difesa a tre, la scheggia impazzita tra le linee ch’è Hamsik, due punte e sempre e comunque una vocazione offensiva affidata innanzitutto a Pandev e Cavani ma anche sostenuta dagli Dzemaili (centralmente) o da Maggio e Zuniga sugli esterni per tentare di calare il personalissimo poker stagionale. Catania o Napoli, chi potrà dirlo? Vamos…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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