Quando Cavani si è fermato, il Napoli si è spento. Quando Balotelli giocava nel Manchester City, il Milan era in crisi. Possiamo girarla come vogliamo, il gioco, le motivazioni, il pressing, la difesa a tre e la difesa a quattro, ma solo i fenomeni possono cambiare il corso delle stagioni. Fenomeni come Edinson Cavani e Mario Balotelli, una doppietta a testa nella domenica che poteva segnare l’addio definitivo allo scudetto. Certo, mica è facile portarlo via da Torino, il distacco resta un abisso, nove punti per il Napoli, undici per il Milan e di partite adesso ne rimangono solo nove. Ma se questi due animali da area di rigore (e dintorni) continuano a segnare come adesso, la Juve non può vivere tranquilla.
SCENARI – Facciamo un’ipotesi: se Conte avesse saputo che il giorno dopo il 2-0 della Juve a Bologna, Cavani e Balotelli avrebbero colpito due volte a testa, dando la vittoria (non affatto scontata) al Napoli e al Milan, si sarebbe scatenato in quella danza di ostentata sicurezza davanti alla panchina del Dall’Ara? Cavani non segnava da otto partite ufficiali e ieri è arrivato al trentunesimo gol stagionale, comprese coppe e nazionale; Balotelli ha debuttato il 3 febbraio con l’Udinese, ha giocato 6 partite e segnato 7 gol, solo uno (il 2-0 a Marassi contro il Genoa) non ha deciso il risultato, e dal momento del suo esordio nessuno ha fatto meglio, solo Emeghara riesce a stargli a ruota con i suoi 5 gol.
C’E’ DI PIU’ – Ma non solo di reti, di prodezze, di record è fatta la loro stagione. Ci sono anche rimpianti, alcuni così forti, così dolorosi che lasceranno traccia in quest’annata. Sono, per Cavani, i gol non segnati nei momenti in cui il Napoli ne aveva più bisogno: quante partite avrebbe vinto, anche giocandole male, se il Matador non avesse vissuto quella lunga astinenza? Quante polemiche in meno, quante speranze in più? Per Balotelli, invece, sono le partite mancate in Champions, causa regolamento Uefa: con Mario al Camp Nou sarebbe finita alla stessa maniera? La loro forza è così evidente, la loro qualità così chiara che la differenza si vede quando ci sono così come quando mancano.
DIVERSI TANTO – Sono differenti anche fra loro. Cavani è uno dei rari esempi non di uomo-squadra ma di attaccante-squadra, è capace di mettersi sulle spalle tutto il Napoli quando la partita chiede il sacrificio massimo, quando capisce che c’è bisogno di un lavoro duro. E’ un protagonista naturale, è il campione senza capricci, per questo i compagni (e gli allenatori) lo riconoscono come guida. Non c’è niente di forzato nel suo calcio, non c’è mai una sovraesposizione così forte da mettere in ombra il resto della squadra. Con Balotelli non funziona così. Per le doti tecniche e fisiche sarebbe anche lui un leader naturale, ma in realtà è un personaggio per diritto mediatico. E’ la gente che lo vuole al centro della scena e lui ci sta. Non scappa, non si rifugia in un lavoro da mediano. Il palco è suo, gli altri sono comprimari. Mario sfrutta la squadra che si fa sfruttare perché sa dove può arrivare con quel fenomeno. Al Milan c’era un capocannoniere (il vice capocannoniere della Serie A) giovane e bravo che appena arrivato il suo amico si è fatto più in là, senza aprire bocca. Anche El Shaarawy lavora per Balotelli. Nel Napoli, è Cavani a lavorare per gli altri.
LA SFIDA – L’incrocio, a San Siro, è fissato per la sera del 14 aprile, ma prima quei due hanno altre faccende da sbrigare. Faccende interessanti, come quella del prossimo giovedì, quando Balotelli giocherà al centro dell’attacco dell’Italia contro il Brasile. E poi insieme, prima di essere avversari, cercheranno di creare qualche problema alla Juventus. Già, la Juve: se avesse uno come Mario o come Cavani chissà dove sarebbe adesso. Altro che nove punti.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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