Edinson Cavani sarebbe stato il personaggio ideale per Giulio Verne, l’autore del romanzo «Il giro del mondo in ottanta giorni». Il Matador non ha fatto il giro del mondo ma quasi; ha percorso più di trentamila chilometri in dieci giorni; è volato da un continente all’altro, facendo scalo in quattro aeroporti diversi e giocando centoquarantacinque minuti in due gare di qualificazioni per i Mondiali. Ed alla fine è uscito anche sonoramente bastonato sia a Buenos Aires nel derby con l’Argentina che a La Paz in casa della Bolivia, a 3650 metri di altitudine.
Cavani rientra oggi a Roma, dove sarà ad attenderlo il suo autista di fiducia e da qui in auto fino a Castelvolturno. In quali condizioni è difficile da stabilire. Pur essendo abituato a sorvolare l’Oceano ed a smaltire in fretta il fuso orario si tratta pur sempre di spostamenti continui, carichi supplementari di stress, energie fisiche e nervose che si disperdono. Cavani non ha voluto commentare Juve-Napoli dal ritiro della Celeste: « Ora dobbiamo pensare a riscattare la sconfitta con l’Argentina, c’è tempo per pensare al campionato italiano », aveva detto prima della gara in Bolivia, peraltro persa in maniera altrettanto traumatica.
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