Incantato da De Sanctis, quanto dire se a usare tanto aggettivo è Luciano Castellini, l’indimenticato portierone del Napoli passato, dopo la lunga e prestigiosa esperienza partenopea, al ruolo di maestro. «Lucianone», schivo come non mai, questa volta viene allo scoperto per battere le mani all’abruzzese trentacinquenne che anche contro il Manchester City ha messo la firma a una prestazione-super.
E allora, «professor» Castellini, dopo tanti anni dalla sua partenza, il Napoli ha un portiere che le somiglia molto:
Morgan De Sanctis. Vuole parlarne?
«Chi mi conosce da una vita sa che sono sempre stato nel calcio molto sotto traccia, nel senso che non mi è mai piaciuto stare sotto i riflettori. Ma se trovano che De Sanctis mi somiglia, siccome la cosa mi onora, possiamo parlarne volentieri. Da dove cominciamo?»
Partiamo dalla Nazionale. Lei aveva davanti Zoff, che non le cedeva mai il passo. De Sanctis ha davanti Buffon…
«Zoff era il più grande, essere il suo secondo non era affatto disdicevole, anzi era un grande onore. La stessa cosa si può dire per Buffon. Anche De Sanctis, ne sono sicuro, può ritenersi soddisfatto».
Andiamo subito ai dettagli. Ai suoi tempi il portiere poteva ritenersi ben integrato nel gioco dell’intero reparto difensivo?
«Non molto, oggi lo è certamente di più, forse da questo punto di vista il confronto a distanza con De Sanctis regge poco o niente».
Tra i pali: come Castellini, il portiere del Napoli di oggi appare molto reattivo.
«Sì, De Sanctis copre molto bene la porta, se deve anticipare un intervento non esita, mi chiamavano giaguaro anche per questo e vado ancora orgoglioso di questa specie di etichetta».
Nel rinvio come può confrontarsi con De Sanctis?
«Nel rinvio occorre avere, come si dice in gergo, il piede buono. Il portiere nel calcio moderno deve saper giocare anche con i piedi, non soltanto con le mani e questo facilita il compito anche quando si deve rinviare, per cercare di far arrivare il pallone al compagno più smarcato, lì davanti. Me la cavavo, posso dire la stessa cosa per De Sanctis».
La presa?
«Qui ho una mia idea. La mia generazione nella presa era forse più forte perché i portieri si allenavano molto a mani nude. Ai giovanissimi portieri della scuola-Inter faccio fare allenamenti di mezz’ora proprio a mani nude. La stessa cosa nell’Under 21 con Pinsoglio, Bardi, Colombi. Come ho fatto nel passato con Viviano, Sirigu, Consigli e altri giovani che trovavo in azzurro. I guanti di ultima generazione hanno un buon grip da formula 1, per intenderci, ma se ti sei allenato a mani nude riesci a realizzare meglio la presa, in generale».
Difesa a 3 o a 4? Con quale tipo di difesa il portiere si sente più sicuro?
«A tre o a quattro? Qui c’è un bluff molto diffuso. Si dice a tre e poi a difendere sono in cinque, con il costante arretramento degli esterni. A quattro? E a difendersi diventano sei… Penso a Mourinho che spesso difendeva in dieci ma poi in attacco ne trovavi quasi altrettanti. No, è indifferente. L’importante è che il portiere riesca ad essere sempre sulla corda, sempre con la stessa tensione, e che conosca a perfezione anc he i più piccoli tic dei suoi compagni di reparto. E qui, anche qui, trovo per me gratificante essere un po’accomunato a De Sanctis, un portiere che para sempre per eccesso, mai per difetto. Uno che ha sempre l’attenzione giusta, che è sempre nella gara e non esita a rischiare».
Infine, il carattere. Affinità?
«Da lontano so che il portiere del Napoli è anche lui un atleta che ama stare sottotraccia: di poche parole, serio, professionale, stimato e amato dai compagni, da tutti. Non lo conosco personalmente, ho voglia di farlo, mi riprometto un viaggio a Napoli anche per andare a trovarlo. Pensa che qualcuno ancora mi riconoscerà? Napoli mi è rimasta nel cuore, voglio proprio farmi questo regalo».
La Redazione
P.S.
Fonte: Il Mattino
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