«Serve un nuovo equilibrio fra pubblico e privato per la gestione dei servizi da erogare a cittadini e imprese. Siamo in una fase di emergenza che interessa troppi settori, e bisogna intervenire per garantire qualità ed efficienza». La proposta è di Paolo Graziano, presidente dell’Unione industriali di Napoli.
Perché parla di emergenza?
«Sono troppi i campi in cui oggi la Pubblica Amministrazione non è in grado di assicurare a cittadini e imprese diritti fondamentali e servizi minimali. Penso alla tutela della salute e all’ambiente, ai trasporti, al patrimonio culturale, alle aree Asi».
Come si esce da questo problema?
«La questione da affrontare è ”chi deve fare cosa”, come, cioè, pubblico e privato possano e debbano integrarsi al meglio per assicurare servizi di qualità».
Qual è la posizione degli Industriali?
«Riteniamo che laddove il pubblico non sia in grado di assicurare i servizi da erogare nei giusti termini di qualità ed economicità, sia necessario avere il coraggio di fare un passo indietro e aprire il confronto per lasciare spazio ai privati stabilendo regole chiare, trasparenti e condivise da far rispettare. Il problema è che lo Stato dovrebbe occuparsi solo di ciò che non può essere svolto dai privati, ma tale principio, affermato dalla Legge Bassanini, trova ancora forte difficoltà ad attuarsi».
La via di uscita qual è?
«Dobbiamo insistere sul concetto di ”diritti da garantire” e servizi da far funzionare, senza farci bloccare dalle ideologie, come giorni fa ha affermato al Mattino il presidente Caldoro. Dobbiamo trovare, secondo una vera visione liberale, il giusto modo di affiancare pubblico e privato, rendendoli complementari, evitando così ad esempio il rischio che nella sanità chi ha i soldi e se lo può permettere vada a farsi curare fuori e chi non ha questa possibilità sia costretto a scontare le inefficienze del nostro territorio».
Nell’emergenza rientra anche la questione dello stadio?
«La questione è complessa perché riguarda non solo la costruzione o la ristrutturazione ma anche la gestione dello stadio. In maniera estensiva, parlerei anche in questo caso di un diritto, il diritto a seguire manifestazioni sportive. Devono esserci regole ben precise con un accordo che sviluppi il rapporto tra le parti».
Ma la premessa è che il Napoli giochi a Napoli?
«Il Napoli calcio è una delle eccellenze della città, è una industria che funziona. Il Napoli lontano da Napoli sarebbe l’ennesimo schiaffo dato dalle amministrazioni».
È un diritto la fruibilità del patrimonio culturale?
«Le rispondo con un’altra domanda: perché il settore pubblico continua a presidiare a tutti i costi la gestione del patrimonio culturale, se poi sono sotto gli occhi di tutti le pessime condizioni in cui sono ridotte la Reggia di Caserta e l’area di Pompei?».
Per Pompei, l’Unione industriali ha presentato un progetto di rilancio dell’area extra moenia. In cosa consiste?
«È un progetto che coinvolge numerose Istituzioni, capace di attirare ingenti capitali privati anche a livello internazionale e molto apprezzato dalla Regione. Il piano punta a salvaguardare il sito di Pompei e a riqualificare il territorio circostante».
Come valuta l’interesse di De Laurentiis per la Circumvesuviana?
«Siamo favorevoli alle iniziative imprenditoriali valide che garantiscano e migliorino la fruibilità del nostro patrimonio culturale con servizi di qualità. La Circum, ben gestita, può dare un grande contributo per valorizzare al meglio le opportunità offerte dall’area di Pompei».
Avete sollecitato una nuova disciplina delle aree Asi. In quali termini?
«La gestione delle aree Asi è insoddisfacente, le aziende spesso non ricevono neanche i servizi minimali. Abbiamo sollecitato una distinzione fra le funzioni che non possono essere esercitate dai privati e le altre che possono essere invece delegate e assicurate da questi ultimi con qualità ed economicità, ma la selezione dei privati dovrà avvenire attraverso procedure trasparenti di evidenza pubblica».
È stato raggiunto l’accordo per la Selex. Qual è il suo giudizio?
«Al di là del merito della vertenza va affrontata in maniera radicale una questione centrale: non possiamo perdere la capacità di competere. Ci sono settori strategici che fanno la differenza e per i quali serve una vera politica industriale. Dalla Fiat alla Indesit e alla Selex, non è pensabile occuparsi delle industrie solo quando c’è una vertenza da affrontare».
Resta il rischio che anche per la Selex il ponte di comando stia al Nord.
«Non è la prima volta, è già successo purtroppo con le banche e i gruppi industriali. Non possiamo continuare a perdere centri decisionali, vogliamo aziende con il cuore e il cervello in Campania. Nell’attesa di poter attrarre nuove aziende, teniamoci almeno strette quelle che abbiamo»
Fonte: Il Mattino.
La Redazione.
D.G.
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