Cavani 92 gol in due anni e mezzo col Napoli, Maradona 115 gol in sette anni. La sfida è sui gol. Nessun altro confronto regge. Tempi diversi, calcio diverso, Napoli diversi, ruoli diversi. E resta una differenza fondamentale. Se è vero che Maradona è meglio ‘e Pelè, se è vero che Maradona è la stella solitaria e irripetibile nel firmamento del calcio, e gli altri, i campioni, i campionissimi, i fuoriclasse, stanno sulla Terra, allora nessun giocatore può essere paragonato a Diego. Neanche Messi. Perché il pibe è stato la musica del calcio, l’incantesimo del football, l’incantatore di cuori, il Giocoliere sublime, lo Scugnizzo delle giocate, l’Alì Babà delle porte che schiudeva con tocchi di magìa. L’Unico.
Diego inventava il calcio. Gli altri del grande cerchio dei fenomeni lo praticano, padroni del pallone con tecnica eccelsa, emuli straordinari, ma scudieri. Hanno bisogno del pallone per essere grandi. Il pallone aveva bisogno di Maradona per essere musicale e per portare la sua musica in tutti i continenti. Paesi interi hanno conosciuto il calcio quando hanno saputo di Maradona.
Né prima, né dopo, c’è stato un uguale artista sui campi di calcio. Né prima, né dopo, un Artista Assoluto ha vinto con una squadra “terrestre” trasformandola in una squadra vincente. Pelé aveva il grande Santos e il grandissimo Brasile di tutti tenori, Crujff aveva il fantastico Ajax di tutti giocatori universali, Di Stefano aveva avuto la grande orchestra del Real Madrid di tutti primi violini, Puskas la strepitosa Honved e l’Ungheria. Bobby Charlton e Beckenbauer sono stati eccellenti direttori d’orchestra, Sivori un sublime solista, Platini un fuoriclasse egoista, Eusebio un “monumento” vivente, Zidane un campione essenziale, Falcao un principe. Nessuno con la capacità di Diego di conquistare il cuore e gli occhi in tutto il mondo. Tornando alla differenza principale, Diego Armando Maradona è stato il Messia di un calcio mai giocato da altri con uguale grazia, lealtà, passione, ispirazione e illuminazione celeste. Non ha mai irriso gli avversari. I suoi erano “giochetti” di delizia. E quando saltò con la mano contro l’Inghilterra arrivò dove non è arrivato nessuno: alla beffa da monello.
Detto questo, ecco Cavani, il nuovo re di Napoli. Ecco il Matador che trascina una buona squadra verso alti traguardi. Qualcosa lo avvicina a Diego. La dedizione alla maglia azzurra e il proclamato amore per Napoli che fu per Maradona la “culla” della sua felicità ed è per Cavani il bozzolo ideale della sua affermazione. Napoli protagonista. Perché in nessun’altra città del mondo Maradona sarebbe diventato Maradona. Qui Diego era a immagine e somiglianza della città, la città dei sogni e delle delusioni, delle virtù e del peccato, della gioia e del dolore, delle vittorie rare e dei patimenti eterni, del genio e della perdizione. E qui Diego fu a casa sua (Napoli seconda mamma mia, cantava). Qui anche Cavani ha trovato casa, la “sua” casa, con Soledad e i bambini che nascono a Napoli, qui ha scoperto il calore, la passione, l’umanità, l’inventiva di un grande popolo tifoso. Ed è sincero, come lo era Maradona, quando dice che in questa città vive felice e a questa città vorrà lasciare un ricordo imperituro.
Se Maradona era il capopopolo di una ribellione, di un riscatto, di rivincite sempre sognate, messaggero degli unici due scudetti del Napoli, Cavani è il condottiero di un sogno. Le rivincite sono esaurite, i tabù sono stati infranti. Non c’è la “rabbia” di un tempo, non c’è l’ansia per il traguardo più alto. Maradona ha spianato la strada, e non fa nulla che gli scudetti siano stati soltanto due. Cavani la cavalca. Il sentiero è stato già tracciato. Maradona aveva i riccioli da scugnizzo, Cavani ha i capelli lunghi del profeta. Maradona era piccolo (1,68) e tosto. Cavani è alto (1,84) ed è una roccia. Diversissimi.
Diego giocava come in un giardino, sfiorava i fiori, carezzava l’erba. Un ballerino del football con i suoi giochi d’anca, le finte malandrine, il passo morbido, il sorriso leale, il tocco fatato. Cavani è una tempesta di movimenti, di corse, di appostamenti, di sorprese, di sfondamenti. Grazia sublime era Diego, grazia possente è Cavani. Diversi nell’essere l’anima della squadra. Maradona era il creatore, l’inizio e spesso la fine del gioco, il paladino di tutti, il faro e il rifugio. Cavani è il terminale del gioco, la freccia (Diego era la balestra magica), il colpitore finale. Cavani gioca a tutto campo, attaccante e difensore, ma questo è il calcio moderno con ruoli sempre più duttili e universali. Maradona aveva la sua “mattonella”, forse neanche gli serviva correre perché era il pallone ad andare da lui, calamita d’oro. Pur nella sua generosa partecipazione di solidarietà alla squadra, Cavani ha un ruolo e un compito precisi: deve far gol. Maradona non aveva ruolo perché le partite ruotavano attorno a lui, gli avversari erano attratti dalle sue finte, i compagni attratti dal suo magnetismo, e lui dirigeva la musica. Ebbe Careca come finalizzatore, potrebbe avere oggi Cavani. Diego aveva la corsa “tonda”, l’affondo morbido, il passettino incantatore, l’invenzione assassina. Cavani ha il passo lungo (il mio cavallo alato), il vento nelle caviglie e nei capelli, la porta come obiettivo assoluto.
La sfida è nei gol. Nei primi due anni e mezzo, Diego mise a segno 34 gol in campionato, Cavani è già al doppia (66 reti). Ma Cavani è l’uomo-gol e Diego era l’uomo-squadra (al gol mandava Giordano e Carnevale, poi Careca). La sfida finale è aperta su queste cifre. Campionato: Maradona 81 gol, Cavani 66; Coppa Italia: Maradona 29, Cavani 7; Coppe europee: Maradona 5, Cavani 19. Ma il Matador è a meno del “cammino” di Diego. Due anni e mezzo contro sette. Maradona centrò i suoi massimi obiettivi al terzo anno in maglia azzurra (scudetto) e al quarto (capocannoniere della serie A con 15 gol). Erano campionati più corti (a 16 squadre i primi quattro tornei di Diego, a 18 squadre gli ultimi tre). Cavani ha più “spazio”, cioè più partite, in Italia e in Europa. Può arrivare ad eguagliare Maradona nella “casella” dei gol. Può superarlo se si lega al Napoli per gli stessi anni di Maradona. Intanto, il Matador fra i centravanti azzurri di tutti i tempi è già al quarto posto per numero di gol in tutte le competizioni, preceduto solo da Sallustro (111 gol), Altafini (101) e Careca (96) il più vicino.
Con Diego si sognava a colori. Con Cavani si sogna ad occhi aperti. E questa è Napoli, una città che ha bisogno assolutamente di sogni.
Fonte. Il Napolista.it
La Redazione
M.V.
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