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Caro José, scusa il ritardo ma l’idea che dobbiamo dirti addio è troppo dura

Una lettera d'addio, un pensiero per un calciatore che non dimenticheremo mai

Caro José,

sono passati dei  giorni dalla tua ultima gara disputata al San Paolo da calciatore del Napoli e sono qui  a cercare di scrivere qualcosa, ma ancora devo metabolizzare il tuo addio e le mie parole sono tutte aggrovigliate dentro al mio cuore e dentro alla mia anima perché come si fa a scrivere e raccontare d’emozioni, passioni e  sentimenti che durano da sette anni?

Innanzi tutto mi presento, così prendo un po’ di tempo per pensare  cosa scrivere: mi chiamo William Scuotto e sono un giornalista. Abbiamo la stessa età, tu sei più grande solo di un mese,  e forse per questo ti ho sentito più vicino o forse ho solo compiuto un volo pindarico senza senso nella mia testa, non lo so, ma è andata così.

IL TUO ARRIVO E I TUOI NUMERI

Sei arrivato sotto l’ombra del Vesuvio in punta di piedi, provenivi dal Real ma di certo nessuno, neanche tu,  avrebbe mai immaginato che avresti fatto la storia del Napoli. Perché hai fatto letteralmente la storia del Napoli, ‘basta’ solo dire che sei al sesto posto della classifica delle presenze, e le tue son ben 347,  con la maglia azzurra in tutte le competizioni e aumenteranno ancora magari con l’avventura in Champions League tutta ancora da vivere. Inoltre, ‘basta’ elencare che hai siglato 82 goal, compiuto 69 assist, corso milioni di chilometri, hai ripiegato miliardi di volte e hai tagliato infinite volte, hai vinto due Coppe Italia e una Supercoppa, hai sfiorato uno Scudetto e hai giocato una semifinale di Europa League.

C’è altro da dire? Sì, perché bisogna tentare, anche se in minima parte, di descrivere quello che hai dato al tifoso partenopeo e non si parla di numeri, ma di quell’immaterialità che solo il calcio può far provare, che solo un giocatore come te può trasferire dal campo agli spalti o nelle case delle persone.

IL TUO LAVORO E LA TUA TENACIA

Quando Benitez affermò, ancora si dibatteva sulla pronuncia del tuo cognome, che già alla tua prima stagione avresti realizzato almeno 20 goal stagionali, tutti sorrisero ma con il lavoro e la tenacia quei sorrisi li hai trasformati in applausi, arrivando proprio a quota 20 reti.

Dopo l’addio di Benitez, con l’arrivo di ogni nuovo allenatore, ad inizio stagione non eri mai schierato nella formazione tipo e tutte le volte, sempre con il lavoro e con la tenacia, hai smentito tutti e  sei diventato imprescindibile per ciascun allenatore che si è seduto sulla panchina del Napoli da sette anni ad oggi.

Con l’avvento di Sarri, insieme ad Insigne e Mertens, hai fatto parte ‘dell’attacco dei piccoletti’, anche se ti ha dato sempre fastidio questo soprannome, considerando i tuoi 178 cm.

Con Ancelotti, e poi con Gattuso, hai continuato a macinare chilometri su chilometri sulla fascia destra, sbagliando qualche goal in più, ma mai senza risparmiarti.

Mai una polemica, mai una parola fuori posto, hai fatto solo parlare il campo con il sacrificio, la schiena un po’ curva e le sgroppate sulla fascia destra. Non hai svolto solo il ruolo d’esterno d’attacco, ma anche di punta centrale, esterno di centrocampo, terzino destro  e anche il quinto di difesa quando è stato necessario.

I TUOI TAGLI E IL TUO LAVORO OSCURO

Tutti ricorderanno i tuoi tagli:  ‘i tagli alla Callejon’, su passaggio di Insigne. Una giocata che tutte le difese conoscevano, ma  che non riuscivano a contrastare perché era sempre una questione di millesimi di secondo e tu pensavi e ti muovevi sempre un millesimo di secondo prima rispetto al tuo avversario. Un gesto tecnico da vero fuoriclasse.

Non dimenticherò mai il tuo puntualissimo lavoro ‘oscuro’: i ripiegamenti difensivi, le coperture preventive, i raddoppi, i contrasti e le volte che interrompevi l’azione offensiva avversaria con una scivolata. Paradossalmente, con questo tuo lavoro ‘oscuro’ hai illuminato il cuore di ogni tifoso azzurro.

Hai avuto anche momenti difficili, come la restituzione della maglia da parte dei tifosi in  trasferta a Frosinone o le critiche per i goal sbagliati, ma questo è il calcio, così come la vita,  costituito da alti e bassi.  Tra te e la piazza di Napoli è stato amore puro e litigare fa parte di quegli amori che ti travolgono, appassionano, fanno sorridere anche quando non ce n’è bisogno, ti cambiano per sempre, ti fanno piangere (come dopo aver vinto la Coppa Italia contro la Juventus quest’anno). Te li porterai dentro per tutta la vita e i tifosi azzurri ti porteranno sempre dentro al loro cuore.

L’ultima tua conclusione al San Paolo 

Ecco l’immagine del tuo ultimo tuo tiro al San Paolo: è  il 70′, dopo sette minuti sarai sostituito,  il Napoli compie la sua classica azione, ovvero palla sulla sinistra ad Insigne che premia la sovrapposizione di Mertens che crossa e tu a volo di destro sfiori il goal. Quante volte abbiamo visto questo marchio di fabbrica? Quante volte abbiamo aspettato il tuo inserimento? Quante volte abbiamo sospirato ad ogni tuo tentativo? Quante volte abbiamo alzato gli occhi e vedevamo la tua maglia numero sette a chiudere l’azione? Infinite volte. Questa potrebbe rappresentare la tua esperienza napoletana: dove, così come in campo, ti sei inserito nel cuore e nella mente dei sostenitori del Napoli chilometro dopo chilometro, inserimento dopo inserimento.

IL TUO ADDIO

Sabato sera è stata  l’ultima volta che la tua maglia numero sette ha corso sull’erba del San Paolo e tutti ti hanno abbracciato, tutti ti hanno reso omaggio tranne il pubblico partenopeo che non ha potuto darti il giusto tributo che meriti per le limitazioni dovute al maledetto Covid-19.

Non meritavi uno stadio vuoto e silenzioso, ma a volte il silenzio fa più rumore di uno stadio pieno. Ogni tuo ultimo passo sull’erba del San Paolo era un colpo al cuore per ogni tifoso azzurro, un ricordo di un tuo goal, una tua giocata o una tua copertura, ogni tuo ultimo passo sull’erba del San Paolo rimbombava  per la strade e i vicoli di Napoli, ogni tuo ultimo passo sull’erba del San Paolo era una lacrima, anche se silenziosa, per te e per quello che sei stato in maglia azzurra: un’autentica e assoluta certezza che ci mancherà per chissà quanto tempo. Ricorderemo sempre la tua corsa, i tuoi ‘tagli’, ricorderemo sempre la tua maglia numero 7 rincorrere ogni avversario, dando tutto te stesso e dando l’esempio che il calcio non è solo un sport. Caro José, scusa il ritardo ma per riuscirti a dire addio ci è voluto qualche giorno. Nella speranza che ci sia qualche pagina ancora da scrivere e magari sognando sempre il colpo di scena.

DI WILLIAM SCUOTTO

 

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