Il ”brasilianapoletano” più famoso del mondo non ha perso l’accento della città che lo ha consacrato nell’Olimpo del calcio mondiale. «Sto per tornare a Napoli, sarò lì l’11 ottobre per conto dell’Uefa. Ho già visto che la serie A non gioca perché ci sono le nazionali. E quindi mi sa che non potrò vedere gli azzurri giocare». Antonio Careca appena può sintonizza la parabola della sua fazenda di San Joao de Possa, a cinquanta chilometri da San Paolo sulla gare della sua ex squadra.
A Napoli sono tutti pazzi per Lorenzo Insigne.
«Hanno ragione. È rapido, piccolo, scattante. L’allenatore fa bene a fidarsi di lui: i giovani devono sempre giocare quando sono bravi. Mi piace perché gioca sempre con la testa alta, ed è molto coraggioso. Non ha mai paura di fare una brutta figura».
In fondo lei, Careca, alla sua età aveva già vinto uno scudetto?
«Sì, nel Guarani. Feci gol anche nella finale con il Palmeiras. Ricordo la festa enorme dei miei tifosi. Ed erano anni complicati, perché in Brasile c’erano sempre tanti attaccanti che facevano una concorrenza spietata».
Lorenzo è già nel giro della Nazionale, una bella soddisfazione?
«Giocare con l’Italia non deve essere vissuto come un traguardo, ma solo come un punto di partenza. Un altro passo verso la crescita. Un giocatore non smette mai di diventare grande, io ho continuato a farlo fino a 30 anni».
Dopo tre giornate, il Napoli è a punteggio pieno. Meglio di voi nell’anno del secondo scudetto?
«Sempre a fare paragoni? Ma è impossibile. Noi avevamo Diego che era magia pura ed era l’unico giocatore al mondo che da solo poteva far vincere le partite. Non credo che Insigne, Pandev o Cavani siano a questi livelli».
Però Pandev, con l’addio di Lavezzi, sta vivendo un po’ quello che lei visse nel ’91 dopo la partenza di Maradona: una maggiore responsabilità.
«E infatti Pandev non sta deludendo le aspettative. Diventare un leader, un faro o un punto di riferimento aiuta a migliorarsi. Io senza Diego continuai a fare gol e a divertirmi. Anche se Maradona mi è sempre mancato».
Non ebbe mai paura di non farcela?
«Ma io non mi sono mai sentito l’unico campione di quel Napoli: c’erano Zola, Blanc, Alemao. Come adesso ci sono Hamsik, Cannavaro e tutti gli altri. Il Napoli è proprio una bella squadra».
Soprattutto in attacco?
«Fortissima, forse in Italia non ci sono altre squadre con questa qualità offensiva».
Meglio della Ma-gi-ca?
«Sono di parte, faccio decidere agli altri. Dico solo che mi fa ridere chi dice che noi eravamo più scarsi dei bomber di adesso perché il calcio degli anni ’80 e ’90 era più lento e meno fisico. Con le regole di adesso, le squadre che giocavano contro di me e Diego avrebbero chiuso in 7 o 8 giocatori in campo. Ora a ogni fallo c’è il rosso. Le botte che prendevamo noi erano terribili».
Il Napoli può vincere lo scudetto?
«Sì, è competitivo per farlo. Deve stare attento alla Juventus, ma anche all’Inter e al Milan. Nel calcio italiano non mi sembra che sia cambiato molto rispetto a venti anni fa: sono sempre le stesse le squadre che lottano per il titolo».
Tra due giorni c’è l’esordio in Europa League. La Uefa vinta dagli azzurri cominciò con un suo lampo a Salonicco, ricorda?
«Sì, un inferno. Le coppe europee sono molto belle e divertenti e danno grande prestigio. Perché snobbarla».
Una volta in Italia dal Brasile arrivavano solo i grandi campioni. Adesso?
«I più forti restano qui, c’è il Mondiale nel 2014 e gli sponsor spingono per tenere quelli forti. Come è il caso di Neymar. I fenomeni costano molto e l’Italia non se li può più permettere come quando prendeva me, Falcao, Aldair, Socrates, Junior, Zico».
A Napoli c’è un difensore, Uvini.
«Lo conosco, perché è cresciuto nel settore giovanile del mio ex club, il San Paolo. È molto forte, non velocissimo. Ma può imparare a diventarlo».
Careca, allora l’arrivederci è a ottobre?
«Sì. Sono uno degli ambasciatori dell’Uefa Trophy Tour. A Napoli sbarcherò l’11 ottobre. Pensa che i tifosi di oggi si ricorderanno ancora di Antonio Careca?».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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