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Caporale: “Pochi abbonamenti al San Paolo? Influisce la fatiscenza dello stadio”

Il calcio per i napoletani è come il pane, un irrinunciabile alimento quotidiano

La redazione di Casoriadue ha intervistato il collega di Televomero Carlo Caporale, conduttore della trasmissione “Tribuna Sport” in onda il lunedì alle 21 da sedici anni.

Il suo programma, Tribuna Sport su Televomero, è seguito da migliaia di napoletani, anche in provincia. Secondo Lei perché il calcio riscuote così tanto successo soprattutto tra i napoletani?

Se generalmente il Calcio è definito come “l’oppio dei Popoli”, direi che per i napoletani è come il pane, cioè un irrinunciabile alimento quotidiano. Questo perché, al di la del gusto verso uno sport molto popolare, si nutre un amore viscerale nei riguardi della maglia azzurra del Napoli, un vero vessillo, visto come simbolo rappresentativo di un’intera città. Da sventolare con orgoglio in ogni occasione.

 Molti parlano di un “Calcio malato”. Effettivamente in questi anni esso sembra essere diventato un’azienda che mira soprattutto al profitto, strumentalizzando i sentimenti di persone, soprattutto gli appassionati napoletani, il cui amore per la propria squadra pare solo riempire le tasche di presidenti e calciatori. Cosa ne pensa?

Che il denaro regni sovrano nel mondo del calcio è un dato acclarato, inserito in un contesto globale dove certe logiche di “mercato” sembrano aver imboccato una strada senza ritorno. A questo non sfugge certo il Napoli, che se da un lato va plaudito per come sia rinato  da un fallimento e per come abbia tenuto sempre conti e bilanci in ordine, va sempre pungolato, affinché ridistribuisca in termini congrui (migliorando soprattutto la squadra), quelle risorse economiche che i propri Tifosi continuano a versare in tutte le forme nelle casse sociali. Tifosi che in fondo chiedono solo di potersi divertire nel migliore dei modi, gioendo per le vittorie della loro squadra del cuore.

 Crede che, in un periodo di crisi economica e sociale come quello che gli italiani stanno vivendo, sia normale che il calcio riesca ancora ad attirare folle di tifosi che, pur sentendo su di sé gli effetti della crisi, sono disposti a spendere tanti soldi in bollette, abbonamenti televisivi o allo stadio, e quant’altro sia legato al mondo del calcio? Alcuni li bollano come “malati di calcio”. Qual è la sua idea in proposito?

I “malati di calcio” sono persone inguaribili per definizione e dunque sono disposti anche a grandi sacrifici pur di soddisfare la loro passione. Ciò nonostante la crisi ha inciso anche in questo campo, basti pensare al dato abbonamenti del Napoli, solo undicesimo in serie A per tessere vendute. Nella fattispecie credo abbia inciso non solo la congiuntura economica, ma anche la fatiscenza di uno stadio San Paolo lontano anni luce dagli standard qualitativi dei maggiori impianti europei. Ospitare la passione “azzurra” dei napoletani in una struttura del genere è indecente e vergognoso, né mi sembra siano arrivate ancora risposte concrete, da Comune e Società, per porre rimedio concretamente alla cosa.

Come cercate di far emergere il calcio “vero” dalla vostra trasmissione di Tribuna Sport?

La formula che ci contraddistingue da ormai sedici anni è molto semplice. Parlare di calcio come in un salotto tra amici, con ospiti competenti, in maniera seria ed analitica e senza far mancare la giusta critica costruttiva. Sempre con toni pacati, evitando risse, urla ed atteggiamenti cabarettistici. Il tutto condito da servizi, interviste e soprattutto dal contributo imprescindibile  derivante dall’interattività con i telespettatori, grazie al “filo diretto”, fiore all’occhiello della trasmissione fin dai suoi esordi.

Fonte: Giusy Russo per Casoriadue

La Redazione

C.T.

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