È un delitto di lesa maestà, sentire i fischi del San Paolo contro Marek Hamsik. Quasi una profanazione. Perché le bandiere non si fischiano.Perché non può essere fischiato il capitano del Napoli, che dopo aver superato Bugatti (256), adesso va persino all’attacco di Attila Sallustro nella classifica delle presenze azzurre con 259 gare in campionato. Per intenderci: qui stiamo parlando di leggende azzurre E poco importa che a farlo sia stata molto meno della metà dei 30 mila presenti sulla tribuna dello stadio di Fuorigrotta. E che il resto del pubblico, ha fischiato quelli che hanno contestato. Immediatamente. Provando a coprire con gli applausi quei fischi al momento del cambio. Con la curva A che si è lasciata andare persino a un coro di insulti contro tutti. Perché Marek è già un pezzo di storia del Napoli. E non solo del Napoli di De Laurentiis. Fischiato, come Insigne, come Cannavaro. Perché quelli che son amati,sono anche quelli a cui si perdona di meno. Coinvolgimenti emotivi, gli orgogli di bandiera e personali: Hamsik però è ormai più una spina che una carezza per Benitez e per tutto il Napoli. «Non lo metto in discussione, sappiamo che non è il vero Marek e lui sta lavorando per tornare ad essere quanto prima l’originale», dribbla l’argomento spinoso Rafa Benitez. D’altronde come al solito chi difende Marek se la prende con il modulo di Rafa che lo costringe a fare delle cose che il ragazzo non ha mai fatto prima (e quindi fischia chi contesta lo slovacco). Chi lo attacca, invece, non gli concede più alibi per le sue prove da fantasma che ogni volta che ha la palla al piede non ne combina una giusta (ecosìlofischia)rendendopersinoillustri sconosciutiVecino, Verdi o Croce degli ostacoli insormontabili. «Abbiamo giocato male,peccato aver perso il terzoposto», il suo commento sul suo blog dopo il sorpasso del Genoa. Ovvio, tutto è esagerato. Lui esce dal campo a testa bassa: in unrituale che ormai solo per tre volte,dall’inizio della stagione, non si è vistosuun terrenodigioco.UnsalutorapidoaBenitez,il tentativo (inutile)divedere una smorfiadi disappunto sul suo volto, la ricerca (vana) di unmormorio dellelabbra, di un segnale che possa essere interpretato come malcerata amarezza. Nientedituttoquesto:Hamsikèimpeccabile. Un professionista come pochi altri. Anche ieri ha ripetuto il rito che solo con Young Boys, Chievo e Cagliari (le uniche volte dell’anno in cui non è stato sostituito) non ha fatto: si è tolto con dolcezza, quasi con una carezza, la fascia da capitano porgendola al vice di turno, Christian Maggio. Inquestastagioneèstatosostituitoperben 15volte, daBilbaofino a ieri pomeriggio. Con l’Empoli, dopo «appena» 61 minuti. Come con il Sassuolo e l’Inter.Quest’annoMarekiaro (il soprannome che gli diede nel 2009 Paolo Cannavaro) ha fatto gol solo all’Athletic, allo SlovanealVerona(unadoppietta).Prima della rete che non arriva, conta l’offesa per i fischi. Ma non esiste un solo napoletano, tra i milioni di tifosi più o meno ufficiali, che non si chieda dov’è finito Hamsik. Questo è troppo. Ma anche 4 gol in 18 partite sono troppo pochi. Ad Hamsiknonèmaisuccessoprimad’ora.Loslovaccoadessoèun’ombra,un pensiero nero, in certi istanti apparentemente depresso. Al piùforte slovacco al mondo sta cadendo il mondo addosso: e ogni partita sta diventato per Marek un vero incubo.Apartequandovainnazionale. La Slovacchiaè sempre stataun’intensa vita parallela per Hamsik. L’autoritario 17 slovacco e il fragile 17 azzurro, a volte, non sembrano neppurelastessapersona.Innazionale Marek torna a essere il capitano, l’indiscusso leader, che ha vinto tutto e segnato più di tutti. In azzurro continua ad avere solo delusioni, ma il legame con il Napoli non si èmai sfilacciato. Poi se si aggiunge il fatto che appena esce lui, il Napoli rimonta, la domenica di Hamsik diventa davvero dura da mandare giù. Dopo aver conquistato un certo equilibrio tattico e una buona affidabilità nelle ultime partite, il Napoli e Hamsik avevano bisogno di conferme, di continuità, di un tranquillo pomeriggio di supremazia senza rischi,in attesa del severo filotto (Milan, Parma e Juventus in Supercoppa). Cosa che non è successa.
Fonte: Il Mattino
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