Sulle pagine dell’edizione odierna de Il Mattino è riportata una lunga intervista a Fabio Cannavaro. Ecco le parole del calciatore e allenatore napoletano che racconta anche della sua esperienza come tecnico ai cinesi del Guanghzou:
Perché è finita con questo esonero? «Incomprensibile, a leggere il nostro score. Ma i proprietari del club, con cui sono rimasto in buoni rapporti, avevano deciso di fare una scelta diversa quando se n’è andato Lippi, che ricopriva l’incarico di direttore tecnico. E alla prima sosta del campionato sono stato sostituito. Al di là dei risultati, ho utilizzato quasi esclusivamente calciatori cinesi, trai quali molti giovani. Altrove mi avrebbero proposto il rinnovo, là mi hanno servito l’esonero… Resta il ricordo di una fantastica esperienza».
E adesso che cosa farà il capitano mondiale? Un incarico nel Milan, dove è diventato azionista il suo amico Bee Taechaubol? O nella Fifa, che potrebbe essere aperta agli ex campioni dopo le dimissioni del presidente Blatter? «Calma. Io voglio fare l’allenatore. È un lavoro che mi affascina e ritengo di poter migliorare ancora tanto. Una panchina in Italia o all’estero, per me il luogo non ha importanza».
E l’amicizia con Mr.Bee, il nuovo socio di Berlusconi? «Siamo molto amici e anche soci nella “Gls”, la mia società che organizza esibizioni delle leggende del calcio in giro per il mondo. Quando ha deciso di entrare in questo mondo, mi ha chiesto un consiglio e io gliel’ho dato. Tutto qui».
Lei non gli consigliò il Milan, però. «In quei mesi, parliamo di novembre-dicembre, circolava la voce, chissà quanto fondata, che De Laurentiis volesse vendere la società e io gli parlai del Napoli. Gliela buttai là, niente di particolare. Ma Bee disse che si sarebbe concentrato sul Milan perché aveva un prestigioso brand».
Quando lei partì per la Cina, il Napoli era una squadra con un paio di italiani. Adesso De Laurentiis punta sulla italianizzazione, anzi sul calcio di provincia. Che ne pensa? «Io sono stato sempre favorevole ai giocatori locali: in Cina davo spazio ai cinesi, l’ho detto. C’è un aspetto motivazionale da valutare: un calciatore indigeno, anche se magari tecnicamente un po’inferiore allo straniero, riesce a raggiungere pari livello perché ha stimoli forti. Le migliori squadre del nostro Paese sono state storicamente fondate su calciatori italiani e, quando sono stato al Real Madrid, ho avuto la possibilità di giocare con spagnoli di grande qualità e prestigio. Non sono contrario agli stranieri, sia chiaro: ho avuto straordinari compagni che provenivano da altre nazioni, uomini che in campo facevano la differenza. Ma io sono per gli italiani e come potrebbe essere diversamente?».
Allora approva la linea scelta dal Napoli per il dopo-Benitez? «Era ora: giusto puntare sugli italiani».
Rafa ha lasciato l’Italia dopo un quinto posto ed è volato al Real Madrid. «Le cose strane del calcio: magari un allenatore fa bene e viene esonerato, uno fa male e viene ingaggiato dal Real… Benitez ha grande esperienza ed è spagnolo: credo che sia stato scelto per questo».
A proposito di italiani, il Napoli sarà allenato da Sarri, nato in questa città. «È stato bravissimo nella scorsa stagione, il suo calcio ad Empoli mi è piaciuto molto. Ma attenzione: Sarri ha bisogno di tempo. E mi chiedo se la piazza di Napoli avrà la pazienza di aspettare».
Un messaggio rivolto ai tifosi? «Più che i tifosi, il discorso riguarda la società, chi ha scelto Sarri. Perché soltanto il club può dare forza all’allenatore. Se sarà sostenuto, il suo progetto darà frutti. Apprezzo le idee di Sarri e mi auguro che non vi siano momenti di difficoltà nella prossima stagione, ma in quel caso servirà il massimo supporto. E bisognerà sapere aspettare».
Sarri ha allenato soprattutto calciatori italiani: come si integrerà con i tanti stranieri del Napoli? «Ma i calciatori devono fare i calciatori, dare il massimo per il tecnico con cui lavorano. Un allenatore non è diverso dal collega che allena il Real Madrid e va seguito: magari ha più conoscenze di altri».
Si discute molto sul futuro di Higuain: che ne pensa, resta a Napoli? «E perché non dovrebbe? Quando ci siamo sentiti, mi ha detto di essere contento di questa piazza».
La Juve ha giocato la finale di Champions League, segnale positivo per il nostro calcio. Ma tra i bianconeri e le altre squadre italiane sembra che ci sia il vuoto. «Non sembra: c’è il vuoto. Ci sono state gestioni errate da parte di grandi club, ecco perché negli ultimi campionati non si sono viste Inter e Milane le due concorrenti dirette della Juve, Roma e Napoli, dopo un mese sono sparite. Adesso bisognerà lavorare e correre, sbagliando il meno possibile per eliminare questo gap».
Lei ha un consiglio da dare, magari un calciatore cinese? «Ce ne sono, certo. D’altra parte, non mi sembra che in Italia girino soltanto fenomeni… È il sistema di preparazione differente, al limite. Ci sono state due squadre italiane, Inter e Fiorentina, che hanno seguito il terzino destro della nazionale, Lin Peng».
Dalla Cina a Napoli, anzi a Scampia, dove una settimana fa ha premiato i giovani di Mundia Napoli. «Un evento per le squadre delle Municipalità che abbiamo sostenuto io e Ciro Ferrara con la nostra fondazione. Siamo spesso in mezzo alla gente, soprattutto trai ragazzi, ma a volte facciamo fatica a far comprendere la nostra mission».
Cannavaro e Ferrara sono due che ce l’hanno fatta. E i ragazzi napoletani che sognano di diventare campioni? «Non si gioca più per strada, una grandissima scuola che ho “praticato” da bambino, e allora servono le strutture. Ma questo è il problema. Fa male vedere chiusi i campi dell’Italsider, di Soccavo e di Marianella o sapere che ci sono difficoltà per usufruire dello stadio Collana. E a Napoli, o in provincia, non ci sono stati soltanto Cannavaro e Ferrara. Penso a Quagliarella, Di Natale, Borriello, Immobile, o ai giovani che sono impegnati attualmente nell’Under 21. Questo è un serbatoio straordinario, infatti tanti club pescano qui. Bisognerebbe evitare che ciò accada e trattenerei talenti».
Un Napoli napoletanizzato, non solo italianizzato. «Magari. Mi sono stancato di sognarlo».
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