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Cannavaro: “Non solo Coppa Italia: con due top player andremo lontano”

«La vittoria del Chelsea motivo d’orgoglio la rigiocherò sono ancora giovane...»

La coppa Italia alzata al cielo all’Olimpico di Roma. Da capitano. Da napoletano. Paolo Cannavaro ha negli occhi la stessa felicità di quando era bambino e non si perdeva una partita del Napoli. Raccattapalle al San Paolo, tutta la trafila del settore giovanile, il ritorno in maglia azzurro nell’anno di B con la festa finale di Genova per la promozione, il ritorno in Europa, le notti magiche di Champions League e ora il trionfo di Roma atteso venticinque anni. Tante partite indimenticabili, nella galleria dei ricordi proprio un Napoli-Juve di coppa Italia, un suo spettacolare gol in rovesciata allungò la gara ai rigori poi vinta dagli azzurri. Ma questa dell’Olimpico ha un gusto unico, la notte del trionfo, il Napoli davanti a tutte.
«Vincere da napoletano con il Napoli è un qualcosa di speciale, emozionante, bellissimo. Quando ho alzato la coppa Italia all’Olimpico ho provato una felicità indescrivibile, incredulità, era un sogno che si avverava. Mi dicevo: davvero è capitato a me. E i compagni mi hanno fatto risalire da solo sul podio: alzala tu da solo la coppa lo meriti, falla vedere ai tifosi. Ora capisco l’emozione che provò Antonio Juliano da napoletano ad alzare la coppa Italia, auguro di vivere la stessa emozione in futuro a un altro napoletano che indosserà la fascia di capitano. Avevo sei anni quando il Napoli di Maradona vinceva gli ultimi trofei, i miei ricordi sono sbiaditi. È stato davvero bellissimo vincere da capitano del Napoli».

Da un sogno all’altro, dopo la coppa Italia lo scudetto?
«I sogni si custodiscono dentro e non di dicono, proclami non se ne fanno, basta guardare la Juventus di Conte di quest’anno che a fari spenti ha vinto con merito lo scudetto. Il nostro è un gruppo forte, la coppa Italia non è stata una vittoria normale, non era per nulla facile. Siamo stati perfetti. Una vittoria che ci dà maggiore forza e consapevolezza nei propri mezzi. La società ha voglia di crescere e di vincere, Mazzarri neanche a dirlo, il nostro allenatore vuole vincere sempre, noi giocatori la pensiamo allo stesso modo. Sicuramente la coppa Italia non è un punto di arrivo ma di partenza. Ora godiamoci fino in fondo questo successo, poi guarderemo avanti. Vincere è bello, dà la forza per provare a farlo ancora in futuro».

La vittoria contro la Juve vale sempre doppio?
«La Juventus è la nemica sportiva storica del Napoli, una partita speciale, affrontarla da napoletano mi ha dato sempre una carica particolare. Dopo la sconfitta a Torino gli juventini avevano cantato ”O’ Surdat Nnmarurat”, questo ci ha caricati ancora di più. Tutti i miei compagni sono stati straordinari, hanno dato veramente tutto per la maglia. Una vittoria indimenticabile contro la squadra che ha vinto lo scudetto e che era riuscita a restare imbattuta per 42 partite. E poi battere la Juve ha sempre un gusto particolare perchè va oltre il significato della partita in sè, rappresenta anche un riscatto sociale».

Ha alzato la coppa come suo fratello Fabio, avversario con la maglia della Juve…
«Sono due cose completamente diverse. Quello che ha vinto Fabio con la nazionale è un successo unico, parliamo di un mondiale, cioè della vittoria più importante in assoluto per un calciatore. Ricordo le partite da avversari quando lui giocava con la Juventus: Fabio è un tifoso del Napoli, sembrava quasi intimorito al San Palo da avversario, non si spingeva avanti sui calci d’angolo, giocava in difesa, faceva il suo compito professionale stando attento a ogni particolare per non essere interpretato male dai tifosi azzurri».

Torniamo alla festa dell’Olimpico, ci svela qualche retroscena?
«Stavamo festeggiando con la coppa sotto la curva, poi c’è stata l’invasione dei tifosi, quest’eccesso di entusiasmo, e siamo stati costretti a rientrare negli spogliatoi. Dopo venti minuti volevamo uscire di nuovo fuori, tornare sul campo e posizionare la coppa davanti al settore dei nostri tifosi per dedicarla a loro, non è stato possibile per motivi di sicurezza perchè i tifosi stavano già lasciando lo stadio. Negli spogliatoi le scene di sempre, lo champagne, i gavettoni con l’acqua delle docce, una grande festa».
E il taglio della cresta a Hamsik…
«Sì, quella è stata una cosa speciale. Marek i capelli non li fa toccare a nessuno. Ho cominciato io a dare le prime sforbiciate, poi ho lasciato il compito a Maggio. Mi è bastato questo, non avevo altre scommesse».

Ha visto la finale di Champions vinta dal Chelsea: più i rimpianti o più orgoglio?
«Ho visto la finale di Monaco e la vittoria del Chelsea. Potrebbe venir fuori un sentimento di rammarico, così non è. Da parte mia non ci sono rimpianti. Prevale invece l’orgoglio per quello che siamo riusciti a fare contro uno squadrone come il Chelsea e più in generale in tutta la Champions League. Il trofeo è andato alla squadra che ci ha messo più carattere e più voglia, molto brava e attenta nella fase difensiva e con giocatori di grande esperienza internazionale che hanno fatto la differenza».

E ha visto segnare Drogba uno dei pochi che l’ha messa veramente in difficoltà nella disgraziata partita di Londra..
«Non è stato facile marcare Drogba per la sua straordinaria forza fisica. Da questo punto di vista mi ha impressionato anche Dzeko del City che però ha minore esperienza ma le sue potenzialità sono enormi. Drogba riesce a fare la differenza nelle partite che contano davvero, lo ha dimostrato contro di noi, nella semifinale contro il Barcellona e nella finale con il Bayern Monaco».

Partite di Champions con il Napoli conta di giocarne ancora e di avere altre chances?
«Certo. Spero che il Napoli riuscirà a centrare ancora la Champions League, ho trent’anni e ancora altri tre anni di contratto. Chiedero a De Laurentiis di rinnovarlo ancora, sono giovanissimo…»

 Ora c’è L’Europa League, come va affrontata?
«Non va sottovalutata, non va snobbata, errore commesso in passato da altre squadre italiane come la Fiorentina o la Sampdoria. Abbiamo conquistato l’Europa per il terzo anno consecutivo, cosa riuscita soltanto al Milan, e il traguardo va onorato nel migliore dei modi. L’Europa League non ha il fascino della Champions ma ti consente di portare il nome di Napoli in giro per tutt’Europa e questo è un grande stimolo ricordando anche dove eravamo sei anni fa. L’affronteremo con quello che è il nostro spirito, scendiamo in campo sempre per vincere e per andare il più lontano possibile. In questa stagione non ricordo molte squadre che ci hanno messo sotto. Il Napoli scende sempre in campo per vincere contro qualsiasi avversario. E lo ha fatto sia in campionato che in Champions, una manifestazione affrontata con questo spirito nonostante il Napoli non la giocasse da tantissimi anni».

Quanti e quali sono i meriti di Mazzarri in questi successi del Napoli?
«Tantissimi. Ci ha dato un gioco, la mentalità vincente, la grinta, il carattere, la forza di credere nei nostri mezzi. Ha avuto la prima vera settimana tipo a disposizione e ha preparato benissimo la partita contro la Juventus, curando ogni minimo particolare anche nello studio dell’avversario. Dopo la rifinitura a Roma ci ha detto: ragazzi vi ho spiegato tutto, se riuscite a fare queste cose in campo vinciamo. L’abbiamo fatto e abbiamo vinto con pieno merito contro un avversario fortissimo che ci teneva da morire a centrare l’accoppiata».

Mazzarri, quindi, un allenatore da tenersi stretto?
«Assolutamente, un allenatore da tenersi strettissimo. Lo vedo già pronto per un ruolo alla Ferguson, un lavoro a 360 gradi, non tralascia nessun particolare. Se c’è allenamento alle tre del pomeriggio, lui alle undici è già sul campo per preparare il tipo di lavoro, curare nei dettagli la seduta. Mazzarri è sempre concentrato sul suo lavoro, mi fa molto piacere che mi abbia fatto i complimenti come suo punto di riferimento nello spogliatoio. Spero possa essere accontentato nelle sue richieste per poter allestire un Napoli ancora più forte nell’immediato futuro».

Il progetto De Laurentiis, conti a posto e grandi risultati: come immagina un futuro ancora più azzurro?
«Il progetto del presidente De Laurentiis è vincente, il Napoli è riuscito a stabilizzarsi in alto in questi ultimi anni e ha avuto la capacità di tenere i conti a posto, i bilanci in regola nel rispetto del fair play finanziario. Questo accresce i valori dei successi. Prima che calciatori De Laurentiis ha comprato uomini veri. La forza del Napoli sta proprio in questo gruppo forte. L’inserimento di uno o di due campioni, di due top player, lo renderebbe ancora più forte. In un gruppo ci vogliono i giovani, gli elementi dalle grandi motivazioni e anche quei campioni che ti diano il loro apporto in termini di esperienza che non deve essere per forza legata all’età».

Potrebbe arrivare un grande campione anche in difesa: preoccupato?
«Assolutamente no, andrebbe benissimo, sarei il primo ad essere contento per l’arrivo di un grande difensore. Veramente sarei il primo ad accoglierlo alla grande al suo arrivo a Napoli nel nostro gruppo. Che ben venga. Per un progetto di crescita è giusto così, in una stagione come quella del Napoli si giocano tantissime partite e c’è spazio per tutti, tutti hanno la possibilità di dare il loro contributo alla squadra».

Si parla di un ritorno di Insigne, cosa ne pensa?
«Lorenzo lo vidi giocare con gli Allievi del Napoli e fui tra i primi ad accorgermi delle sue qualità tecniche. Lo definii come il nuovo Ortega per le caratteristiche che aveva e ne ha fatta di strada. Sicuramente potrà far parte del nostro gruppo l’anno prossimo però non dovrà avvertire la pressione e bisogna lasciarlo tranquillo. Da napoletano so cosa vuole dire sentire la pressione, vieni visto in maniera particolare e non è semplice gestirsi e esprimersi al meglio. Insigne andrà lasciato tranquillo di crescere con calma e anche di commettere eventuali errori».

La festa in campo, gli applausi a Lavezzi all’Olimpico, la commozione e le lacrime del Pocho: come finirà?
«Dispiacerebbe a tutti se Lavezzi dovesse partire, i napoletani sono innamoratissimi del Pocho. Comunque vada dobbiamo dirgli grazie per tutto quello fatto con la maglia del Napoli».

Una parentesi, la Nazionale: Prandelli non l’ha convocata neanche stavolta, gli europei li guarderà in Tv…
«Mi sono sempre impegnato al massimo sperando di essere convocato. La chiamata di Prandelli non è arrivata. La mia Nazionale è il Napoli, spero di potermi togliere con il Napoli tante altre soddisfazioni. Ora andrò in vacanza, staccherò per un po’ la spina, ne ho bisogno dopo tante partite giocate quest’anno tra campionato, Champions e coppa Italia».

Torniamo alla festa per la vittoria della coppa Italia, si attendeva tanti tifosi napoletani in strada in piena notte?
«L’amore dei napoletani per la squadra, l’entusiasmo è unico. Quindi non sono rimasto meravigliato. Sul pullman è ripresa la festa dopo che in treno ci eravamo un po’ rilassati ascoltando musica. Momenti molto emozionanti anche se l’emozione maggiore è stato quello in cui ho alzato la coppa Italia allo stadio Olimpico di Roma».

Dediche particolari per questo trionfo?
«Il primo pensiero va alla mia famiglia, la dedica poi è per tutti i tifosi del Napoli che hanno atteso 22 anni per poter rivincere un altro trofeo. A volte si danno giudizi affrettati, i conti si fanno alla fine di una stagione. Sono sempre stato fiducioso sul Napoli e sul nostro gruppo formato da uomini veri prima che calciatori. Abbiamo dato sempre tutto quello che avevamo, la vittoria nella finale di coppa Italia contro la Juventus è stato il giusto coronamento a una stagione importante. Una vittoria che premia il lavoro di quest’anno e più in generale di quest’ultimo triennio».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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