Il primo è lassù, un palo di ferro (pal ‘e fierr) che ostruisce l’orizzonte entro il quale c’è l’eternità: 511 presenze. Il secondo è cinque passi più dietro, un capitano (il capitano) che sistema la fascia e la fa ondeggiare nell’aria: 505 partite. Ma al ventesimo posto, in teoria a distanza siderale e in pratica in prossimità della gloria, c’è chi s’è prenotato un posto per la Storia: 239 volte sì, cominciando da fanciullo, diciotto anni appena, sino a diventare un Cannavaro autonomo e indipendente, cioè Paolo e non più il fratello di… 239 magliette, impregnate di sudore e sacrificio, di tantissime gioie e qualche strascico doloroso: domani sarà pure un altro giorno, ma almeno sino al 2015 sarà sempre lo stesso, perché il futuro è il passato, è il presente, è suo.
REVIVAL – Si fa in fretta a dire 239 volte Cannavaro, però si fa una fatica a ripercorrere il percorso cominciato nel ’98, da giovanotto, da irriducibile sognatore, che dalla Loggetta sa già ben quel che deve chiedere alla sua carriera: «Vestire la casacca del Napoli» . Una presenza, due presenze, poi l’addio per esigenze economiche del club, la valigia verso Parma, le lezioni «private» che gli dà Fabio – provetto pallone d’oro, già un’istituzione del calcio italiano e il punto di riferimento personale di casa: «il più grande di tutti» – e il tour per conoscere le insidie nascoste nel pallone: va a Verona, matura; poi rientra alla base, che per lui è ormai diventato il «Tardini», e si crea un’indipendenza, mette assieme esperienza, diventa il fulcro difensivo.
FIGLIOL PRODIGO – A duecentotrentanove giornate da «napoletano vero» s’arriva ripartendo dal basso, da (parametro) zero: e quando Pierpaolo Marino chiama, dalla serie B dove il Napoli è appena atterrato dopo le sofferenze della rinascita dal Fallimento, Cannavaro-2 risponde per maturare la personalissima rivincita sui luoghi comuni, sulle frasi fatte (e però anche inopportune) che sono le compagne di viaggio. Dalla serie B alla serie A (appena lasciata) ci vuole un anno: campionato vinto all’ultima, a Marassi, con il Genoa, e il Paradiso è riafferrato al volo. Ma non finisce qua, perché poi c’è da scoprire cosa ha riservato il destino: ed è subito Intertoto, resistendo a qualsiasi spiffero, guadagnandosi la conferma mentre al fianco oppure intorno a sé tutto cambia. Il baluardo è lui, centrale difensivo con Reja, centrale difensivo con Donadoni, centrale difensivo con Mazzarri e ancor prima anche capitano e dunque punto di riferimento pure morale della squadra: s’arriva così a 239 presenze, però mettendoci al fianco una qualificazione in Europa League, una qualificazione in Champions League, un’altra volta l’Europa League e alla fine la conquista della Coppa Italia, che vale una serata memorabile. «Indimenticabile, una festa infinita».
E ORA – Le statistiche pesano e i numeri saranno pure freddi ma hanno un’anima: raccontano gli archivi che in campionato, dove Paolo Cannavaro ha giocato 202 partite, il decimo posto sia appena a 32 presenze e dunque si può fare; ma poi, come già accaduto negli ultimi sei anni, si può fare anche di più, si può andare oltre, perché nell’elenco dei fedelissimi di tutti i tempi e dunque in quella graduatoria che somma le gare d’ogni manifestazione, c’è persino di arrivare al quinto posto in assoluto. E poi dicono che in questo calcio moderno le bandiere non esistano…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.