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Cannavaro, capitano fedelissimo come Diego

Il difensore napoletano ha saltato il match di mercoledì contro il Cesena, dopo l’infortunio muscolare oggi torna in campo a San Siro

Centottantotto partite di campionato con il Napoli, un traguardo particolare per Paolo Cannavaro. Perché tante ne ha giocate in serie A un altro capitano, il più grande avuto dal club azzurro nella sua storia lunga quasi 86 anni: Diego Armando Maradona. Un lungo viaggio, quello dell’argentino, cominciato a Verona in una domenica di settembre dell’84 e finito a Genova in un pomeriggio d’aprile del ’91: ventiquattr’ore dopo la sconfitta sul campo della Samp lanciata verso lo scudetto sarebbe stata notificata all’ex campione del mondo la notizia della positività al test alla cocaina. Si chiudeva una leggenda e si apriva un incubo.
Cannavaro esibisce con orgoglio quella fascia, ricevuta da Montervino, oggi centrocampista del Salerno in serie D, quando si presentò a Napoli. Era il 2006, gli azzurri erano appena risaliti in B dopo due anni durissimi in serie C1. Cannavaro, svincolatosi dal Parma, non aveva avuto dubbi. C’erano offerte anche in A, ad esempio quella della Fiorentina di Prandelli, l’attuale ct, uno dei suoi allenatori in Emilia, eppure Paolo disse ai procuratori Enrico e Gaetano Fedele che voleva tornare a casa. «Per essere per il Napoli quello che Francesco Totti è per la Roma», disse un giorno. Un capitano napoletano del Napoli. Come Antonio Juliano e Ciro Ferrara, anche se a lui è stata negata la gioia di una partita, almeno una, in Nazionale. Paolo ha firmato tredici mesi fa il rinnovo del contratto, azzurro a vita. E intanto sta ottenendo le più importanti soddisfazioni professionali.
Ha giocato in Champions League, è arrivato alla semifinale di coppa Italia e adesso lancia la carica per l’assalto al Milan. Lui contro Ibrahimovic, il capocannoniere del campionato, lo svedese dal cuore latino. Focoso com’è, Zlatan si sarebbe trovato benissimo a Napoli e una sera confidò questo suo sogno al procuratore Raiola, salernitano di Angri, emigrato da bambino in Olanda. «Che sogno il San Paolo». Lo vide pieno nel giugno 2005, quando Ferrara diede l’addio al calcio e invitò tutti i suoi amici alla festa, dagli juventini agli ex azzurri degli scudetti, Maradona compreso. Centottantotto partite oggi contro il Milan, alla Scala del pallone, contro Ibra e i rossoneri che hanno il tricolore sul petto. È l’altro grande sogno di Paolo, che intanto si gode i risultati finora ottenuti. «Successi importanti, ci davano per spacciati nel girone di Champions e invece abbiamo raggiunto gli ottavi di finale. E nei quarti di coppa Italia abbiamo eliminato l’Inter, non una squadra qualsiasi».
Il suo rapporto con Mazzarri è solidissimo. È l’allenatore che lo ha rigenerato dopo i periodi difficili vissuti nell’ultima fase di Reja e nel corso della gestione Donadoni. Alcune prestazioni di Cannavaro junior non sono state brillanti, però lui non si è abbattuto. Anzi. Avrebbe voluto giocare già mercoledì sera contro il Cesena al San Paolo per riscattarsi dopo la sconfitta a Marassi e invece il medico De Nicola lo ha invitato a non accelerare perché c’era la forte contusione alla caviglia sinistra da superare. Il Milan, Ibrahimovic. E Maradona, raggiunto oggi a quota 188 partite di campionato in azzurro. Dalla B al Meazza, sembra un sogno. Cannavaro lo ha trasformato in realtà.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

M.V.

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