Trenta giorni di tempo-non tempo. Il diario mai scritto della squalifica di Paolo Cannavaro parte alle nove del mattino del 18 dicembre, martedì. «Non credevo potesse capitarmi una cosa del genere. Quello che ho passato non è stato bello, io ho la mia innocenza ma quel giorno non ho trovato ascolto. La cosa più ingiusta? Costringerci a fermare in attesa della sentenza definitiva. Anche sotto questo aspetto certe regole dovrebbero essere riviste».
Il ragazzo della Loggetta usa parole piene di rimpianto. Ma i rancori sembrano pochi. Più che altro, il capitano pare solo di aver una voglia matta di far passare alla svelta questi altrettanto interminabili giorni che lo separano dal ritorno in campo (che non è poi così scontato sia contro il Parma). E allora a Radio Marte sfoglia le pagine del diario che non ha mai scritto: «Poteva essere una macchia sulla mia carriera oltre a una grande ingiustizia. Io e Gianluca siamo usciti puliti. Questa è stata la vittoria più grande». Il racconto scivola al 17 gennaio a quando sugli schermi di Sky è apparsa «l’ultim’ora» che citava il Mattino.it: «Cancellate la penalizzazione al Napoli e le squalifiche di Cannavaro e Grava». L’uscita dal tunnel. «È stata anche quella una giornata indimenticabile, tutti a rassicurarmi, ma io non ascoltavo nessuno. Mi ero isolato, guardavo un film con mia moglie e i miei figli sul divano di casa. A un certo punto ho cambiato canale e ho visto che era stata cancellata la penalizzazione. Sono scoppiato in un pianto liberatorio. Chi non fa nulla, non patteggia, per me questa parola non esisteva proprio».
Ora che l’incubo è finito, Paolo Cannavaro guarda avanti. Il fratello d’arte non ha mai provato invidia per i trionfi di Fabio. Si è soltanto messo in testa di completare l’albo d’oro di famiglia e diventare una bandiera: quella del Napoli. L’unica cosa che non è riuscita al fratello Pallone d’oro. E allora eccolo fare il capo-popolo e a prendere per mano la rivolta anti-razzismo: «Mi domando: ma come fanno i napoletani a tifare Juve, visto che ci trattano così? Come fanno tanti napoletano ad andare a Torino e intonare cori sul Vesuvio?».
Cannavaro parla del destino della sua fascia di capitano e lascia intendere che non ha nessuna intenzione di passare il testimone a Cavani: «Mi viene da ridere. Ogni anno ce ne sta uno diverso: prima dovevo darla a Lavezzi, poi ad Hamsik e adesso a Cavani. Mi fa piacere che Edi abbia risposto che è meglio che la tenga io. Ha ragione, sta bene sul mio braccio e se ce l’ho vuol dire che sono d’accordo tutti».
Per Paolo, lasciate alle spalle i fantasmi e cancellate le ombre, arriva il momento di guardare avanti: «Più a lungo resteremo attaccati alla vetta, più saremo competitivi. La Juve? Abbiamo dimostrato di poterla battere, abbiamo identità di gioco, carattere e qualità. Il mio sogno è quello di essere antipatico e vincente. Noi stiamo viaggiando a ritmi importanti e speriamo che la Juve possa mollare anche se in questo momento appare supersonica e cinica».
Domenica il ritorno a Parma, dove ha mosso i primi passi da campione, avendo la fortuna di avere come maestro in mezzo al campo proprio il fratello Fabio. «Ho tanti amici lì, è stato un bel periodo. Spero di tornare a giocare, mi sono allenato come non mai. La difesa ha funzionato bene anche senza di me ma il merito è anche degli altri reparti». Paolo Cannavaro, a questo punto, non ritiene di dover mettere in un cantuccio neppure la tanto bistrattata Europe League: «A questo punto diventa affascinante. È vero, ci manca ancora qualcosina per diventare inarrestabili ma siamo sulla strada giusta».
Elogia il Matador: «È un extraterrestre. Te ne accorgi quando si fanno lavori di corsa in allenamento: stacca persino velocisti come Maggio e Mesto. Come dice Fabio, un grande campione lo è per prima cosa a livello fisico». La sfida di domenica è impegnativa: «Il Parma è imbattuto in casa. Per noi sarà difficile. Troveremo un Tardini pieno e ci daranno del filo da torcere anche perché con Donadoni hanno trovato l’equilibrio giusto. Io e Fabio avremmo voluto giocare insieme nel Napoli, l’abbiamo fatto solo a Parma. Per questo sono contento per i fratelli Insigne e mi sono emozionato quando li ho visti insieme al San Paolo».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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