“Per me più che un allenatore è stato un padre, se non fosse stato per lui io non sarei qui oggi. Mi ha sempre dato grande carica, anche quando giocavo male e venivo sostituito mi ha sempre rassicurato dicendo che il mio turno sarebbe arrivato. A 19 anni volevo andare via ma lui me lo impedì, mi ha dato una grande carica che dura da sempre. Che ricordo ho di lui? Ho una fotografia nel telefonino di venti giorni fa, gli sono stato molto vicino in questi ultimi anni, era un uomo solo e la cosa che più mi fa rabbia è che è morto come uno straniero, lui non ha la cittadinanza italiana ed è una cosa assurda visto che ha giocato anche in Nazionale. Lui si sentiva napoletano ma il fatto che non venga considerato italiano dallo stato mi fa diventare bianco dalla rabbia. E’ arrivato in Italia da giovanissimo, aveva appena 18 anni, è partito da Roma per poi trasferirsi a Novara dove ha vinto le sue battaglia. Io e lui ci somigliavamo molto, siamo tutti e due sudamericani e per noi il calcio è vita e la gente avverte questa cosa e se non ce l’hai dentro non sei un vero calciatore.”
Così Faustinho Jarbas, meglio noto come Canè, ha ricordato Bruno Pesaola. L’ex calciatore azzurro è stato avvicinato dai giornalisti presenti al funerale del “Petisso” ed ha voluto ricordare a suo modo il suo ex allenatore e amico.
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