Nella galleria dei ricordi di Napoli-Juventus un posto in prima fila spetta a Jarbas Faustinho Canè. «Nel ’73 feci gol ai bianconeri. Infilai Zoff con una bomba di destro da fuori area, poi Clerici completò l’opera nel secondo tempo su rigore. Erano oltre dieci anni che non batteva mo la Juve al San Paolo». Canè era una delle icone di quel Napoli di quarant’anni fa con Juliano, Bianchi, Montefusco. Idolo dei tifosi che per lui coniarono lo slogan passato alla storia: “Didì, Vavà e Pelè site ’a ’uallera ’e Canè”. Divenne un ritornello, poi un striscione sempre presente nel settore Distinti immortalato da decine di scatti fotografici. Oggi è addirittura il titolo di un lavoro teatrale che andrà in scena a Napoli al Bracco il 29 gennaio («Didì, Vavà e Pelè…»: lo spunto per raccontare spaccati di vita negli ultimi quarant’anni. «Non sapevo che il mio nome fosse finito in teatro però non sono sorpreso, ho dato tantissimo a questa città e alla maglia azzurra. Forse in cambio avrei meritato di più ma va bene così. Quando giocavo il feeling con i tifosi era straordinario, chiaramente quel ritornello era un’esagerazione però raccontava alla perfezione il legame tra me e i napoletani».
Faustinho, brasiliano di nascita ma napoletano di adozione, vive al Vomero e parlare con lui della Juventus lo aiuta a riavvolgere il nastro della memoria: quale la sfida più significativa?
«Il gol del’73 è stato uno dei più belli della mia carriera, quella domenica feci impazzire 80mila napoletani. Erano gli anni in cui i nostri campionati si racchiudevano tutti nelle sfide contro bianconeri, Inter e Milan. Solo l’arrivo di Maradona ha finalmente capovolto la tendenza dando al Napoli una mentalità vincente».
E quella sfida di quarant’anni fa, vinta dalla Juve con il gol di Altafini, ex soprannominato core’ngrato?
«Juve-Napoli del’75, e chi se la dimentica… Ci giocavamo lo scudetto a Torino e perdemmo una partita disputata alla grandee che avremmo meritato di vincere. La squadra voleva giocare per il pareggio, perché il calendario delle ultime giornate ci era favorevole. Vinicio, il nostro allenatore, ci chiese di vincere. Fece gol la Juve, pareggiò Juliano, Zoff parò l’impossibile. L’1-1 ci bastava ma Vinicio negli spogliatoi disse di non accontentarsi. Alla fine segnò Altafini che poi è passato per il traditore della patria ma lui fece solo il suo dovere. L’errore fu nostro».
Tornano i bianconeri a Fuorigrotta dopo la partita perfetta di un anno fa e la Supercoppa di Doha.
«Il Napoli fa sempre grandi partite quando ha difronte quella maglia a strisce. Spero che l’impresa di venti giorni fa abbia dato una svolta ai nostri campioni. A giudicare dalla prestazione e dal risultato di Cesena, sembra che le cose si siano aggiustate ma è evidente che la vera conferma si potrà avere solo domenica sera. Diciamolo francamente: la Supercoppa non è la Champions, è un piccolo trofeo e chi vive nel calcio lo sa bene».
Qual è il futuro del Napoli?
«La squadra è incostante, in grado di fare bellissime cose: quando gli azzurri sono al massimo, non c’è avversario che tenga, una prova è la partita con la Roma. Non ha continuità di risultati perché questa formazione ha problemi di gioco e individuali: lo comprendono anche i ragazzini che manca qualcosa sia a centrocampo che in difesa».
Sono stati presi Strinic e Gabbiadini.
«L’ex sampdoriano verrà fuori alla grande,mi piace. Ma lo stesso tipo di investimento deve essere fatto per gli altri settori. E poi bisogna risolvere un grande problema».
Quale?
«Quello dell’allenatore. Non possiamo andare avanti con questo tira e molla fino a giugno su Benitez. Sembra di essere tornati ai miei tempi. Non so se è lo spagnolo che vuole andar via, probabilmente è deluso per le critiche ricevute e perle promesse non mantenute dal club. Condivido il suo scetticismo, come a proposito del settore giovanile: perché un club come il Napoli non investe sui ragazzi? Che fine ha fatto la“scugnizzeria” che avevano promesso? Rafa però deve capire che anche lui a volte ha deluso e che i risultati ottenuti quest’anno non sono quelli che tutti noi aspettavamo. È ora che i diretti interessati prendano una decisione forte e comune».
Fonte: Il Mattino
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